Sulle orme del Gattopardo

Il parco Tomasi di Lampedusa è stato presentato nel settembre scorso a Santa Margherita Belice. Nasce da un’idea che è venuta ad un gruppo di operatori culturali che lavoravano nella Pubblica amministrazione, e nella quale sono stato coinvolto per dare corpo all’idea. E’ mia convinzione che uno dei mali del Meridione è che sia diventato recentemente, dopo la decadenza di un antico sistema istituzionale, un soggetto improprio di storia, senza identità.Il parco letterario si estende oltre il territorio di Palermo e comprende anche quello di Palma Montechiaro e quello di Santa Margherita. Palermo è infatti stata coinvolta in modo più marginale: Palermo non è solo Tomasi di Lampedusa, mentre gli altri due comuni sono luoghi deputati specifici collegati alla sua famiglia. Ci troviamo nella condizione in cui alcuni luoghi potevano essere ricostruiti sentimentalmente, ma in un certo senso molte identità erano sparite; molte cose sono nel contesto del centro storico di Palermo, che è ancora da riaffrontare.Quello che mi premeva in questo momento di avvio era prima di tutto dare materiali validi. Tomasi di Lampedusa è pubblicato nell’interiorità dell’opera letteraria. Anche le indagini sulla sua vita, sul suo mondo sono state oggi esaminate e si continuano ad esaminare e questo consente un punto di riferimento abbastanza certo.L’intento dei parchi letterari è, infatti, anche un intento di sviluppo e un’occasione di lavoro particolare, soprattutto se considerate che Santa Margherita e Palma di Montechiaro per molti versi sono state delle zone della Sicilia emarginata: la prima ha avuto uno sviluppo economico successivo al terremoto del Belice, contestualmente alla cancellazione dell’identità monumentale dovuta alle distruzioni mentre Palma Montechiaro, venne citato nei primi anni Sessanta, come uno dei posti dove l’epidemia di tracoma fu la più elevata d’Italia.A Palermo abbiamo dovuto ricorrere fondamentalmente al viaggio sentimentale, ovvero a quel giro che va dall’inizio della città murata, cioè quello che oggi è la caserma della Guardia di Finanza, alla chiesa e oratorio di Santa Cita e dall’altro lato Villa Witigen.In mezzo vi era il palazzo Lampedusa, poi distrutto. E’ oggi un rudere completo ma non era così dopo la guerra. Molte cose si sono perdute dopo i bombardamenti che hanno certo distrutto gran parte della città di Palermo, ma anche era mancato il senso di “identità”. Il palazzo era inagibile in senso totale, perché era stato colpito da bombe sui due accessi delle due scale; dietro le due scale che ancora esistevano, anche se sarebbero stati lavori complessi si potevano fare interventi per recuperarle. Oggi sono sparite. Allo stesso modo, l’abbazia di Santa Maria del Bosco dopo il terremoto del Belice è rimasta in piedi per alcuni anni, poi è crollata. Quindi dobbiamo rimpiangere il fatto che vi è stato un momento del nostro passato in cui non abbiamo salvato l’identità prima ancora di pensare allo sviluppo. Tomasi di Lampedusa aveva visitato tutte le case degli scrittori inglesi. Lui aveva una sorta di idolatria per biografia, cioè la sua critica o il suo apprezzamento dell’opera letteraria partivano da una conoscenza della biografia dell’autore. Inoltre, si divertiva moltissimo nel vedere come questa vita, la vera biografia, fosse contraddetta da quello che erano gli scritti. Proprio lui aveva un certo feticismo in questo senso e, dunque, è credibile che la realizzazione di un parco letterario in sua memoria lo avrebbe reso abbastanza contento.Anche perché uno degli effetti sorprendenti del Gattopardo, che va oltre la letteratura, è questo continuo rinnovo di interesse. Si parte dal libro ma poi vengono altre questioni, che sono interpretazioni storiografiche, interpretazioni etiche, insomma, problemi più coinvolgenti di quello che un’opera letteraria generalmente contiene. Questo porta a uno stimolo continuo verso la discussione. E questi luoghi in cui lui ha vissuto possono ritrovare un’identità.Lui voleva trasmettere un suo modo di concepire la presenza di un’identità culturale, il destino e il dovere che ciascuno di noi avrebbe avuto verso l’esterno. In questo sta uno dei motivi delle ironie e dei conflitti che ha riservato al nostro paese.

Autore: Gioacchino Lanza Tomasi

Fonte:Il Sole-24 Ore