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FANO (PU). La Pala di Pietro Perugino protagonista di una grande mostra nelle Marche.

Tra i numerosi eventi organizzati lo scorso anno in occasione delle celebrazioni per i cinquecento anni dalla morte di Pietro Vannucci, meglio conosciuto come Pietro Perugino (Città della Pieve, 1446 – Fontignano, 1523), resta ancora fruibile “Pietro Perugino a Fano. Primus pictor in orbe”, la mostra – dossier ospitata al Museo Civico di Palazzo Malatestiano a Fano. Il progetto espositivo, a cura di Anna Maria Ambrosini Massari e Emanuela Daffra, ha preso forma con il ritorno in città della celebre Pala di Durante, realizzata dal divin pittore a fine Quattrocento, dopo un lungo e scrupoloso restauro condotto dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
“Abbiamo voluto chiamarla mostra-dossier, perché consente di mettere insieme un’operazione intorno ad un’opera che unisce tanti aspetti”, spiega la curatrice Ambrosini Massari. “La protagonista è la Pala, che si potrà ammirare eccezionalmente con le sue tre parti posizionate ad altezza d’uomo, compresa la vista del retro della tavola centrale”.
La mostra-dossier offre al pubblico l’opportunità di vedere la Pala di Durante del Perugino in ogni sua sezione, attorno alla quale si snoda il percorso espositivo. Questo si compone di documenti storici, resoconti post restauro (su cui sono annotate le novità emerse sui materiali, le tecniche pittoriche, l’organizzazione della bottega dell’artista e dei suoi collaboratori) e ricostruzioni virtuali, in particolare quello con la cosiddetta “pala gemella”, realizzata per l’altare maggiore della Chiesa degli osservanti di Senigallia. Non solo, attraverso la mostra è possibile approfondire la storia della realizzazione della Pala, passando dalla commissione arrivata nel 1488 fino alla conclusione dell’operanel 1497, quando l’artista era all’apice della carriera vestendo anche i panni di direttore del cantiere sistino in Vaticano.
La Pala di Durante fu commissionata nell’aprile 1488 a Pietro Vannucci detto il Perugino per l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria Nuova in San Lazzaro a Fano, dove i frati Minori Osservanti si trasferirono nel 1480 dal precedente insediamento in Santa Maria al Metauro; nel 1517 venne concessa loro la chiesa in San Salvatore, ubicata nel centro storico della cittadina, alla quale passò anche il titolo di Santa Maria Nuova. Qui vennero spostate tutte le opere esistenti nella sede francescana precedente, compreso il dipinto del Perugino.
L’opera è dipinta ad olio su tavola e si compone di un grande corpo centrale, raffigurante: la Madonna con il Bambino e i Santi Giovanni Battista, Ludovico di Tolosa, Francesco, Pietro, Paolo e Maria Maddalena; la cimasa (modanatura curva e sporgente con cui culmina la pala) dove sono rappresentati il Cristo in Pietàe la predella (piccola fascia dipinta) con cinque episodi della vita della Vergine. Con lo spostamento cinquecentesco di sede dell’ordine, la Pala venne collocata nel coro della nuova chiesa dove dalla prima metà del Settecento occupa il terzo altare a destra.

Info:
Fano, Museo Civico di Palazzo Malatestiano, fino al 15/09/2024

Autore: Valentina Muzi

Fonte: www.artribune.com 15 mag 2024

SAVONA. Mostra d’arte contemporanea Eso Peluzzi e il suo tempo: incontri, amicizie, altri artisti in sintonia.

Palazzo delle Azzarie (g.c.) proprietà A.P.S.P. OPERE SOCIALI DI N.S. DI MISERICORDIA – SAVONA e Museo del Santuario di Savona, dal 10 maggio 2024 al 31 maggio 2024. Apertura mostra: da venerdì a domenica, ore 16-18.
Organizzatori: Associazione “R. Aiolfi”, no profit, Savona e A.P.S.P. Opere Sociali di N.S. di Misericordia, Savona; Galleria Signori Arte, Savona
Patrocini: Regione Liguria; Provincia di Savona e di Cuneo; Comuni di: Savona, Finale Ligure, Cairo Montenotte, Bardonecchia, Montechiaro d’Acqui, Monchiero; Associazione Musei Peluzzi-Bonichi, Monchiero/Roma. Catalogo-giornale nella sede espositiva; ingresso libero.

**Artisti partecipanti oltre Eso Peluzzi e alle sue opere site nella Sala Peluzzi del Museo del Santuario di Savona: Antonio Agostani, Lino Berzoini, Renzo Bonfiglio, Claudio Bonichi, Mario Bonilauri, Carlo Bossi, Luigi (Gigi) Caldanzano, Raffaele Collina, Renata Cuneo, Raffaele De Grada, Giovanni Battista De Salvo, Agenore Fabbri, FARFA (Vittorio Osvaldo Tommasini), Vincenzo Frunzo, Carlo Leone Gallo, Mario Gambetta, Eupremio Lo Martire, Emanuele Martinengo, Arturo Martini, Lina Violante Minuto, Pietro Morando, Pippo Oriani, Pacino (Ivos) Pacetti, Enrico Paulucci Delle Roncole, Renato Podestà, Gian Mario Pollero, Emanuele Rambaldi, Oscar Saccorotti, Nanni Servettaz, Giovanni Solari, Guido Tallone, Virio da Savona (Agamennone Vittorio Virio), Adelina Zandrino.

La Dr.a Silvia Bottaro, già direttrice della civica Pinacoteca e Museo di Savona, oggi presidente dell’Associazione “Aiolfi” di Savona, nonché critico d’arte che più volte ha organizzato mostre, scritto testi critici sul maestro Peluzzi avendolo, anche, conosciuto e frequentato personalmente in quel di Monchiero, ha ideato la mostra di cui all’oggetto per ricordare il 130° anniversario della sua nascita. Nonché il fatto che il Pittore nel 1971 è stato proclamato “Cittadino onorario di Savona” avendo abitato al Santuario di Savona dal 1919 al 1948 stabilmente e, poi, saltuariamente fino al 1980.
In questo antico Borgo il Maestro ha realizzato i quadri più vicini al divisionismo della sua carriera e ha incontrato Arturo Martini convincendolo a fermarsi a Vado Ligure, poi Farfa (Vittorio Osvaldo Tommasini), Carlo Leone Gallo e molti altri artisti con i quali ha condiviso, pure, importanti mostre nazionali.
Da qui discende l’idea di presentare tante opere inedite di Peluzzi, oltre a quelle della sua donazione alle Opere Sociali collocate nella Sala Peluzzi del Museo del Santuario, che sarà aperto durante tutto il periodo di questa nuova iniziativa, e decine di altre opere, tutte selezionate e molte di collezionisti privati, di pittori, scultori, ceramisti che hanno conosciuto e incontrato in più occasioni Peluzzi instaurando, spesso, una vera amicizia, altre volte essendo stato loro maestro (è il caso di Lina Violante Minuto), oppure avendo condiviso significative occasioni artistiche.
Peluzzi è stato nominato Accademico di San Luca a Roma e che ha partecipato a diverse Biennali d’arte a Venezia (1926,1948) e Quadriennali di Roma (1931, 1948).
Nella Sala Consiliare del Comune di Savona, assieme a Mario Gambetta, ha affrescato i fatti salienti della storia savonese, compreso alcuni brani relativi alla seconda guerra mondiale, precisamente “La città bombardata e le vittime civili”, “La fucilazione di sette patrioti savonesi eseguita al forte della Madonna degli Angeli” e “Ricordo dei combattenti dopo Vittorio Veneto, i disordini dell’immediato dopo guerra e la nascita violenta del fascismo, simboleggiata al termine della scena da uno spazio vuoto e tenebroso”.
Hanno scritto, nel tempo, testi critici importanti per Peluzzi, fra i molti, ricordiamo: Ugo Nebbia, Emilio Zanzi, Carlo Carrà, Mario De Micheli, Gina Lagorio, Giovanni Arpino, Maurizio Fagiolo dell’Arco.
L’arte di Peluzzi, soprattutto quella creata nel periodo trascorso a osservare gli anziani e gli orfani del Santuario savonese diventa filtro per leggere la storia sociale di tale luogo, lasciando pagine di vera poesia e umanità proponendo, anche, chiavi di lettura e di azione, alimentando, così, un pensiero complesso e plurale: questa è la magistrale lezione che ci ha lasciato Eso Peluzzi.
Questo progetto espositivo ha ricevuto molti importanti “patrocini” istituzionali tra cui quello della Regione Liguria e fa parte degli eventi che sostengono la candidatura di Savona a Capitale italiana della Cultura 2027.

La mostra dedicata al 130° anniversario della nascita del pittore Eso Peluzzi, nativo di Cairo Montenotte e deceduto a Monchiero (Cn), che per decenni abitò al Santuario di Savona, facendo di tale località e degli umili colà residenti (anziani, orfani) il soggetto di molti rilevanti quadri degli anni Venti-Trenta del Novecento.
Assieme alle opere di Peluzzi (e alla possibilità straordinaria di poter visitare la Sala Peluzzi sita nel Museo del Santuario) si potranno ammirare una trentina di opere di suoi amici artisti, con i quali ha condiviso momenti di vera amicizia e altri di condivisione di grandi mostre (dalle Biennali di Venezia alle Quadriennali di Roma). Peluzzi è stato nominato Accademico di San Luca in Roma e Cittadino onorario di Savona dal 1971.
L’inaugurazione avverrà il 10 maggio 2024, ore 16,00 presso la sede espositiva del Palazzo delle Azzarie (g.c.) al Santuario di Savona, l’Associazione Aiolfi offrirà, poi, un brindisi augurale ai presenti.

Info:
Associazione Culturale “R. Aiolfi”- no profit
Via P. Boselli 6/3, 17100-Savona
tel. +393356762773 Palazzo delle Azzarie – Santuario, Savona
E-mail: ass.aiolfi@libero.it
http://aiolficultura.blogspot.it
https://www.facebook.com/Associazione-culturale-Renzo-Aiolfi-no-profit-108324377706914/

ROMA. Napoli Ottocento. Degas, Fortuny, Gemito, Mancini, Morelli, Palizzi, Sargent, Turner +

Fino al 16 giugno le Scuderie del Quirinale ospitano la mostra “Napoli Ottocento. Degas, Fortuny, Gemito, Mancini, Morelli, Palizzi, Sargent, Turner +”. La mostra è un omaggio all’Ottocento napoletano, momento di straordinaria ricchezza e vivacità in Italia e in Europa.
Questo secolo lungo viene da lontano, dal fascino cosmopolita del Grand Tour e si conclude con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. L’esposizione sintetizza la grande produzione culturale della città che accolse artisti provenienti da tutta Europa a dagli Stati Uniti, arrivati a Napoli per contemplare e dipingere le attrazioni di Pompei ed Ercolano, il mare, le montagne, le isole di Capri, Ischia e Procida, gli scenari della costa amalfitana e sorrentina, il folclore, la terra fangosa del Vesuvio, la vegetazione lussureggiante della Campania, lo splendore e il degrado, l’urbanistica e il pittoresco della vita napoletana che si mescolavano tutti in un costante abbaglio.
L’Ottocento a Napoli è ancora oggi un secolo poco conosciuto e da scoprire.
La mostra vi conduce in un incredibile viaggio tra le visioni che la città partenopea è riuscita a suscitare e produrre e che hanno pervaso per oltre un secolo l’arte, l’architettura e l’immaginazione come poche altre culture hanno saputo fare.
Nelle sale le opere, tra gli altri, di Ludwig Catel, William Turner, Thomas Jones, John Singer Sargent, molti esponenti della scuola di Posillipo, Portici e Resina, Anton van Pitloo, Giuseppe De Nittis, Ercole e Giacinto Gigante, con i loro paesaggi che furono, molto più che semplici vedute, immagini che invasero il mondo. A interpretare le storie e i sentimenti che serpeggiavano per la città Mariano Fortuny, i fratelli Palizzi e Domenico Morelli. E poi, quasi in maniera sorprendente, un francese la cui famiglia aveva radici napoletane: Edgar Degas. E ancora: Achille d’Orsi, Antonio Mancini e Vincenzo Gemito, fino ad arrivare a Burri e Fontana.
Capitale italiana dell’Illuminismo, Napoli nel XIX secolo divenne anche un’importante metropoli scientifica, sede di una fra le più antiche università italiane, della prima scuola di lingue orientali in Europa, del primo museo di mineralogia, dei primi osservatori scientifici. Fu anche la città dei dibattiti positivisti, delle scienze giuridiche e matematiche, dove un’intensa dialettica legò le nuove scienze a un’estetica che rimase fedele alla grande tradizione realista che ha definito l’arte napoletana fin dal periodo barocco e caravaggesco.

Fonte: news@communication.vivaticket.com

TORINO. Alla Gam la prima mostra museale di Italo Cremona.

In una camera incantata, una conchiglia dialoga con un guantone da scherma. La conversazione amorosa è immersa in una luminosità soffusa, fra le tonalità calde e le sfumature madreperlacee di una pittura soffice e porosa. Nella natura morta, datata 1930, Italo Cremona racconta la vita intensa e silenziosa degli oggetti, in un’atmosfera misteriosa, sospesa tra Metafisica e Realismo magico. Nell’autoritratto «Allo specchio», l’artista si raffigura riflesso in mezzo allo spazio laborioso del suo primo studio, tra un calco di gesso, i pastelli, i telai.
Inizia così l’antologica di Italo Cremona alla Gam-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, che apre il 24 aprile (fino al 15 settembre) per poi passare dal 18 ottobre al 26 gennaio 2025 nelle sale del Mart di Rovereto, a cura di Giorgina Bertolino, Daniela Ferrari ed Elena Volpato.
«Tutto il resto è profonda notte» è la prima mostra museale dedicata alla produzione figurativa di questo pittore-scrittore eccentrico, un intellettuale colto e irregolare del Novecento che l’antologica si propone di riscoprire, rileggendo nel presente l’originalità del suo irrequieto e ricco immaginario.
Lampi, barlumi, apparizioni nel buio. Il titolo della mostra è la chiave per immergersi nella dimensione visionaria della pittura di Cremona, all’incrocio fra l’onirico, il fantastico e l’umorismo nero. Il titolo è tratto da «Acetilene», la rubrica che negli anni Cinquanta l’artista firmava sulle pagine di «Paragone», la rivista di Roberto Longhi. Il notturno pervade gli enigmi di «Specchio del mattino», esposto alla Biennale di Venezia del 1936, «Metamorfosi» (1936-37), «Piccolo Golem» (1940), «Ascolto il tuo cuore città (Omaggio a Savinio)» (1954), «Aria di Torino» (1959). La veglia e il sogno fanno da cornice agli accadimenti del romanzo distopico La coda della cometa, (Vallecchi 1968; Allemandi 1983) e dei racconti di Zona Ombra (Einaudi 1977).

Il percorso espositivo è articolato in nove stanze, intitolate e dedicate ai temi della pittura di Italo Cremona: «Specchio (1925-1931)», «Trofei (1928-1932)», «Spoglie (1932-1934)», «Metamorfosi (1935-1945)», «Follie (1935-1956)», «Golem (1939-1946)», «Corpi (1935-1964)», «Quinte (1926-1970)», «Apparizioni (1958-1968)». La cronologia si snoda attraverso le diverse stagioni creative e, proprio come nei quadri di Cremona, torna su sé stessa e si riavvolge, procedendo per cicli, figure e oggetti ricorrenti, costanti espressive di natura iconografica e poetica. Una sala centrale del percorso, eletta a cabinet des folies, è dedicata alla prolungata frequentazione del fantastico, del grottesco e del surreale, con una selezione di dipinti dove la pennellata sembra farsi sempre più esatta e nitida quanto più si avventura nell’espressione del bizzarro.
Nella sala delle quinte, la visione si sposta sulle architetture torinesi, un motivo pittorico peculiare, sviluppato dall’artista lungo i decenni: apparentemente deserte d’ogni presenza umana, le facciate sono i fondali di un segreto teatro cittadino. «Nei miei quadri, spiegava Cremona a Enzo Siciliano in un’intervista del 1973, c’è sempre qualcosa che tappa. Un tappo che chiude». Le sale della mostra torinese hanno i colori degli interni domestici, delle stanze di un appartamento di primo Novecento, intercalate dal marrone e dal viola. «Marrone e viola sono due diversi principi, scrive Elena Volpato nel suo testo in catalogo. L’uno è terra profonda, corpo e materia. L’altro è vibrazione psichica, tinta astratta e colore liturgico. (…) È una coppia di colori densi che Cremona usa a partire dagli anni Cinquanta, attivando il loro potere di saturazione fino a togliere l’aria dalla superficie delle tele, dallo spazio che le attornia, dalla mente di chi le guarda».
A partire dal nucleo di opere appartenenti alla collezione della Gam, accresciuto nel tempo grazie alle acquisizioni della Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris, la mostra include una serie di prestiti da musei, tra cui il Mart di Trento e Rovereto, partner del progetto, i Musei Civici Luigi Barni di Vigevano, la GAMeC di Bergamo, l’Accademia Albertina di Belle Arti e i Musei Reali-Galleria Sabauda di Torino.
Grazie a una ricerca capillare, presenta numerose opere in prestito da istituzioni come il Museo Casa Mollino, l’Archivio Salvo, la Rai-Radiotelevisione Italiana e provenienti da collezioni e gallerie private, tra le quali la collezione Bottari Lattes e la Casa d’aste e Galleria Sant’Agostino di Torino. Basata sullo studio dei materiali documentari del Fondo Italo Cremona conservato all’Archivio di Stato di Torino, l’antologica è accompagnata dal catalogo Allemandi, l’editore che negli anni ha riproposto i titoli di Cremona Il tempo dell’Art Nouveau e La coda della cometa, pubblicando il suo catalogo generale nel 2010. Il volume contiene i saggi delle curatrici e un ricco corredo iconografico, con le illustrazioni delle opere esposte e una serie di fotografie d’epoca inedite.

Autore: Giorgina Bertolino

Fonte: ilgiornaledellarte.com 22 apr 2024

Info:
GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
ITALO CREMONA. Tutto il resto è profonda notte
24 apr 2024 – 15 set 2024

EMPOLI (FI). La più grande mostra mai fatta su Masolino da Panicale.

Si può affermare, senza timore di smentita, che sarà la più grande mostra di sempre su Masolino da Panicale (1383/84 – 1436/40). Perché il progetto scientifico promosso dai Musei Civici di Empoli nell’anno delle celebrazioni per i seicento anni dall’esecuzione del ciclo di affreschi con Storie della vera Croce, che il pittore realizzò nel 1424 nella chiesa di Santo Stefano degli Agostiniani, prende spunto dal legame dell’artista con la città per ricostruire il contesto culturale in cui si mosse e metterne così in luce la modernità. Riunendo il maggior numero di opere, mai presentato finora, di Masolino.
A cura di Andrea De Marchi, Silvia De Luca e Francesco Suppa, Empoli 1424. Masolino e gli albori del Rinascimento approfondisce, come anticipa il titolo, l’attività di un autore che – insieme a Masaccio e Beato Angelico– ha contribuito, in maniera decisiva, all’avvio della pittura rinascimentale a Firenze nel Quattrocento. E per farlo parte proprio dalla Chiesa di Santo Stefano, che conserva alcuni frammenti e sinopie del ciclo eseguito da Masolino esattamente seicento anni fa nel transetto destro: la chiesa agostiniana, insieme al Museo della Collegiata di Sant’Andrea – nel cui Battistero si scopre la Pietà dell’artista – sarà sede della rassegna a partire dal 6 aprile (e fino al 7 luglio). Come fu già nel 1987, anno a cui bisogna risalire per rintracciare l’altra mostra seminale nell’ambito degli studi sul pittore di Panicale (Masolino a Empoli, a cura di Rosanna Proto Pisani).
La mostra si avvale di prestiti da istituzioni e musei italiani ed europei: le Gallerie degli Uffizi a Firenze, il Museo del Bargello a Firenze, la Pinacoteca Vaticana, il Musée Ingres di Montauban, la chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze, il Museo di Palazzo Venezia a Roma, il Museo di San Matteo a Pisa e molti altri ancora. Accanto alle opere di Masolino, il percorso prevede un confronto con quei pittori che con lui condivisero il momento di passaggio verso nuove soluzioni stilistiche e formali di rappresentazione della realtà, come Gherardo Starnina, Lorenzo Monaco, Giovanni Toscani (tutti attivi sulla scena fiorentina, ma al lavoro anche a Empoli) a partire dalle innovazioni che Donatello stava apportando in scultura per una inedita resa dei volumi e degli affetti.
Masolino, probabilmente apprendista nella bottega di Starnina, pur rimanendo legato alle suo origini tardogotiche si affacciò sul nuovo mondo rinascimentale operando una sintesi tra gli elementi della tradizione e i nuovi ideali classici. Nel 1422, un documento di locazione registra ufficialmente la sua presenza a Firenze; al ’23 risale la sua registrazione alla corporazione dei pittori (l’Arte dei medici e speziali). Nel 1424 sarà, come detto, a Empoli per lavorare nella cappella della Compagnia della Croce, contemporaneamente alla Pietà per il Battistero della Collegiata. Nella collaborazione fiorentina con Masaccio, qualche anno più tardi (dopo una trasferta in Ungheria di cui non restano opere), avrebbe espresso al meglio gli aggiornamenti della sua maniera: apice del percorso è il ciclo affrescato nella Cappella Brancacci della Chiesa del Carmine, completato nel 1428, prima di raggiungere Roma per lavorare al Polittico di Santa Maria Maggiore. In città, Masolino conoscerà il cardinale Branda Castiglione, per cui lavorerà nella chiesa di San Clemente e poi a Castiglione Olona, nei pressi di Varese, dove si conserva l’ultimo grande ciclo che realizzò prima di morire, intitolato a San Giovanni Battista. Il progetto espositivo di Empoli, che ha richiesto oltre un anno di lavoro e ha raccolto un importante contributo dalla Fondazione CR Firenze, si inserisce inoltre nel solco di una stagione di ricerche che ha interessato la città, i suoi monumenti e il suo territorio negli ultimi anni e che ha comportato nuove aperture e acquisizioni al suo patrimonio storico artistico.

Autore: Livia Montagnoli

Fonte: www.artribune.com, 2 aprile 2024