PERCHE’ E’ IMPORTANTE DISCUTERE DI UNA LEGGE CHE MODIFICA LA 266/91 SUL VOLONTARIATO

Nessun dubbio che 12 anni sono tanti per una società cambiata e per la crescita e qualitativa – di allora – del volontariato organizzato.

E’ cambiato il 5° titolo della Costituzione, introducendo più forti poteri regionali e – esplicitamente – i valori di sussidiarietà e solidarietà; e lo scenario è cambiato per la presenza di altre leggi con le quali il volontariato ha a che fare. Il mondo del volontariato, autoconvocandosi nell’aprile del 2002, pose all’Osservatorio e al Governo una serie di proposte. Il colloquio volontari – ufficio del Ministro è proseguito alla conferenza di Arezzo (ottobre 2002) e poi c’è stata una interruzione di dialogo fino alla presentazione di un testo nel luglio di quest’anno da parte del Ministero, che ha subito diverse variazioni proposte dal documento promosso dal “gruppo per il volontariato” riunito presso il Forum Permanente del Terzo Settore al quale anche noi e i Centri di Servizio abbiamo collaborato, e in più tempi.

Si è giunti così al progetto di legge presentato il 17 settembre scorso dal Governo all’Osservatorio profondamente rinnovato, e poi a ulteriori modifiche del 29 ottobre e del 5 novembre.

Quest’ultimo testo è stato presentato dalla Sottosegretaria Grazia Sestini agli “stati generali del volontariato” – Roma, 8 novembre 2003; un testo certamente modificato in relazione ai precedenti, ma sul quale rimangono molti elementi di perplessità e contrarietà.

Circa i principi di partecipazione democratica e di gratuità delle cariche (3 bis), viene riproposto un meccanismo di deroghe concesse dal Ministro, che lascia ampi spazi di discrezionalità.

Inoltre l’attuale proposta (art. 5) non salvaguarda sufficientemente il volontariato come azione gratuita che si attua, non nel mercato della gestione dei servizi, in concorrenza con altre forme di impresa sociale, ma come azione di relazione, di cittadinanza attiva, di prossimità che contribuisce a rispondere ai bisogni più profondi delle persone. Le entrate economiche delle organizzazioni debbono essere finalizzate al sostegno delle azioni necessarie a qualificare, organizzare, tutelare l’azione gratuita del volontario. Le entrate che invece compensano l’azione del volontario, come prestazione professionale, compromettono l’essenza della gratuità del volontariato e ne limitano l’azione di prossimità, di tutela dei diritti, di autonomia e sperimentazione. E si è abolita (vedi art. 10 /266) la qualificazione del volontariato, come co-progettazione, inventività, quando si accorda con le istituzioni. E’ necessario invece che la legge ribadisca con fermezza che le istituzioni promuovano l’effettiva partecipazione del volontariato, a livello nazionale e locale, alla programmazione dell’intervento e delle politiche sociali.

Tra le possibilità di entrate economiche delle organizzazioni collegate alle prestazioni del volontari, all’articolo 5 scompare la possibilità esplicita di utilizzo dei vaucher ma rimane la possibilità di accedere ad “ogni altra entrata finalizzata al raggiungimento degli scopi di cui all’articolo 1”. E quindi non limitata all’esclusione di quelle entrate che costituiscono in qualche modo per l’organizzazione un compenso per le prestazioni effettuate dai volontari, ricomprendendo quindi la possibilità di accesso ai vaucher e ad altri compensi in cambio di gestione di servizi. Pur rimanendo salda la gratuità delle prestazioni del singolo volontario, con queste modifiche e con quella dell’utilizzo di “entrate” anziché “rimborsi” alla voce “convenzioni” (art. 5 lett. 7), appare il rischio di considerare l’azione del volontariato come prestazione di attività remunerabile all’organizzazione, e non come attività da sostenere rimborsando le spese necessarie all’organizzazione per esistere e per permettere, qualificare, organizzare, tutelare l’azione gratuita del volontario. Oltre allo snaturamento delle caratteristiche extra mercato del volontario, queste aperture rischiano di alimentare un conflitto con le componenti del terzo settore. Rimangono forti contrarietà per il limitato riconoscimento dell’esperienza dei Centri di Servizio che, grazie all’impegno delle associazioni e alla collaborazione con le Fondazioni di origine bancaria, hanno sostenuto il volontariato, in attuazione del principio di sussidiarietà previsto dall’art. 118 della nostra Costituzione.

Così come non è accettabile il capovolgimento di ruolo e compiti tra questi e i Comitati di Gestione oltre ad una riduzione dei fondi che rischia di limitare la capacità di lavoro dei Centri.

Infatti:

-a) all’attività dei CSV verrebbe destinato per legge il 60% del fondo totale previsto oggi dalla 266/91;
-b) ai Comitati di Gestione verrebbe dato il ruolo i gestire il 40% per finanziare progetti delle organizzazioni di volontariato (art. 15) il necessario riconoscimento della collaborazione nei Comitati di Gestione con le regioni e gli enti locali, con le Fondazioni di origine bancaria, deve avvenire in una chiara distinzione dei ruoli tra gestione e controllo, salvaguardando il ruolo di gestione e di indirizzo sulle scelte di sostegno al volontariato e di lavoro sociale che non può che essere proprio del volontariato, il soggetto effettivamente competente in materia. Il volontariato rischia così di essere privato del suo ruolo di indirizzo che oggi esercita in quanto i Centri di Servizio sono per legge (art. 15 della legge 266/91) gestiti dal volontariato organizzato, che così sceglie in autonomia il suo sviluppo e il suo futuro.

La proposta di legge assegna la gestione di una parte significativa del fondo ad organismi (Comitati di Gestione) dove la maggioranza è delle fondazioni di origine bancaria e con una presenza significativa di Regioni ed Enti locali (Art. 15). I Comitati di Gestione svolgerebbero così contemporaneamente i ruoli di controllo, regolazione del sistema e di indirizzo e vera e propria “gestione” dei servizi.

Suscita dubbi la definizione del Comitato di Gestione come “ente di natura privatistica” (perché comprende oltre le “private” fondazioni ex bancarie e i volontari, rappresentanti del governo, delle Regioni, degli Enti locali); e ulteriore perplessità è suscitata dal fatto che per il Comitato di Gestione che gestisce il 40% dei fondi non si prevedono organismi di controllo, mentre l’attività di sostegno economico ai progetti di volontariato svolta dai CSV è soggetta, giustamente, all’approvazione preventiva e al controllo dei Comitati di Gestione.

Disponibilità a rivedere la normativa, anche con particolari aspetti che riguardano i Centri di Servizio e i Comitati di Gestione (finora inseriti nel D.M. 21.XI.91 e successive modifiche) nei loro rapporti di competenza ed economici sono stati illustrati, e l’approfondimento di questo argomento, insieme agli altri, è d’obbligo.

Al ricevimento di questi, nonostante la sua ovvia difesa dell’ultimo testo consegnato, la sottosegretaria Sestini si è detta “aperta” per continuare a riflettere sulle proposte da parte del volontariato e anche in vista del dibattito parlamentare che (essendo presentato un disegno di legge di 90 deputati dell’Ulivo – atti Camera deputati 3148) dovrà vedere un rapporto sereno in sede parlamentare che abbia un unico scopo: – una legge che non mortifichi, ma valorizzi il volontariato italiano che è, sì, erogatore di servizi, ma non solo: è difensore dei diritti, soprattutto dei più deboli, crescita della solidarietà, ed esige il rispetto della propria specificità; sono i valori che non cambiano in un mondo che appare averne sempre più bisogno.

Info: http:/www.centrovolontariato.it

Autore: Maria Eletta Martini

Fonte:Centro Nazionale del Volontariato di Pisa