«Curano» i malanni di Pompei

Pompei: 60 ettari di muri e preziose pitture disastrati da antichi terremoti ed eruzioni e che da duecentocinquanta anni, cioè da quando s’iniziò a scavare quella città sepolta dal Vesuvio, subiscono gli attacchi delle intemperie, di altri terremoti, dell’umidità, delle muffe, ed ora anche dell’inquinamento e di un paio di milioni di turisti all’anno, che letteralmente la consumano.

Ai molti mali che affliggono questo gioiello del patrimonio culturale dell’umanità si cerca di porre rimedio attraverso restauri oculati, basati su una diagnosi precisa, capace di individuare le numerose componenti che determinano il danno e d’indicare i più opportuni rimedi, cioè i prodotti del restauro e le tecniche d’applicazione di questi. La fase diagnostica, nella conservazione dei Beni Culturali, è la più complessa e delicata, ma è anche assolutamente determinante per la buona riuscita degli interventi.

Per questo da alcuni anni anche in Italia il Ministero per i Beni e le Attività Culturali prescrive obbligatoriamente indagini diagnostiche preventive ad ogni restauro.Si è posta, dunque, la necessità di formare una nuova figura professionale, che, da una parte affianca l’archeologo e lo storico dell’arte, e dall’altra il restauratore, inteso come esecutore materiale delle operazioni di restauro. Questo nuovo esperto ha competenze storico-artistiche di base e, al tempo stesso, è ben preparato nei settori scientifici della chimica, petrografia, mineralogia e biologia applicate ai Beni Culturali. Il suo percorso formativo è fortemente innovativo, in quanto basato su un’impostazione metodologica interdisciplinare in cui le conoscenze storico-artistiche ed architettoniche s’integrano con quelle tecnico-scientifiche.

Nell’ambito della riforma universitaria questa formazione è fornita dalla laurea triennale in Scienze e Tecnologie per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali, attiva da due anni anche presso l’Università di Parma e sostenuta dalle competenze scientifiche e didattiche presenti nella Facoltà di Scienze. Infatti, diversi biologi, chimici, fisici e geologi dell’Ateneo sono da tempo coinvolti in numerosi progetti scientifici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Cnr (Centro Nazionale delle Ricerche), quali il restauro degli affreschi e delle strutture della Cattedrale e del Torrazzo di Cremona e di diverse opere del Parmigianino, di Piero della Francesca e di Giovanni Bellini.

Da due anni, inoltre, essi affiancano i colleghi archeologi della nostra Università a Pompei, nell’ambito del «Progetto Insula del Centenario», condotto dall’Università di Bologna sotto la direzione di Daniela Scagliarini Corlàita.

Si tratta di studiare, documentare, restaurare e valorizzare un grande isolato della città vesuviana, che comprende una magnifica domus interamente dipinta e dotata di fontane, saloni, terme private, diverse botteghe, un antico albergo (hospitium) e due abitazioni minori.

A questo progetto, della durata quinquennale, l’Università di Parma collabora fornendo, appunto, oltre al responsabile scientifico operativo nella persona di Sara Santoro, docente di Archeologia e Storia dell’arte greca e romana, l’intera équipe archeometrica che si occupa dello studio dei muri, delle malte con cui sono costruiti, degli intonaci e dei pigmenti. Questa ricerca consente di porre salde basi scientifiche per il restauro delle pitture, realizzando accurate indagini diagnostiche e redigendo le linee guida degli interventi successivi (i responsabili in tali settori sono Antonella Casoli, docente di Chimica dell’ambiente e dei Beni culturali, Achille Bonazzi, Georisorse applicate ai Beni Culturali e Roberto Negri, Tecniche del restauro).

Inoltre unicamente all’Ateneo parmense il Ministero ha voluto affidare l’indagine sull’adiacente Casa del Maiale, un’abitazione di dimensioni più ridotte rispetto alla casa del Centenario, ma di tipologia insolita (una «casa atipica» nel panorama pompeiano), anch’essa decorata da splendide pitture.

Da tre anni ogni primavera 8 fortunati, selezionatissimi studenti dell’Ateneo hanno avuto la straordinaria possibilità di lavorare a Pompei a fianco dei loro docenti, per analizzare e documentare lo stato di conservazione di strutture murarie, pitture, mosaici, proporre e sperimentare metodologie di restauro, fare scavi alla ricerca delle più antiche fasi edilizie di Pompei. Ne sono scaturite alcune tesi di laurea di tale livello ed interesse che la Soprintendenza ai beni Archeologici di Pompei Ercolano e Stabia ha adottato, per il proprio Laboratorio di restauro, molte delle metodologie suggerite dagli studenti di Parma.

Da ultimo l’intera équipe, docenti, studenti, laureandi e dottorandi, sull’onda del grande interesse scientifico che contraddistingue la missione, sta preparando la pubblicazione dei risultati di questi anni d’intenso, silenzioso lavoro dedicato alla conservazione ed alla cura dei mali di Pompei.

Autore: S. S.

Fonte:La Gazzetta di Parma