“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”: difficilmente un altro detto potrebbe meglio adattarsi all’Italia ed in particolare alla sua peculiare politica in campo di Beni Culturali, di cui è tanto ricca ed orgogliosa quanto spesso negligente riguardo la loro tutela.
L’ennesima storia a conferma di ciò arriva stavolta dal ricco e benestante Nordest e riguarda l’ex convento di S. Valentino, situato in Via Pracchiuso, a Udine, attualmente di proprietà del Demanio Militare, in uso al Distretto Militare di Udine, di prossima soppressione, e, con decorrenza dal mese di gennaio 2007, destinato quale sede della Brigata Genio Guastatori.
Come molti altri edifici “storici” anche questo ha un “vissuto” che definire tormentato è quantomeno riduttivo: l’ ex monastero di S. Valentino fu eretto nel 1650 quale collegio per le Suore Addolorate. Negli anni che vanno dal 1690 al 1744, fu completato, in tutta la sua armoniosa e snella architettura, il bellissimo chiostro interno, con il quadriportico a due piani sostenuti da 126 semplici colonne ottagonali, sovrastate da archi a tutto sesto.
Dopo l’occupazione francese del 1797, la città di Udine fu costretta a concedere alloggio alle milizie straniere in alcuni conventi, tra cui anche S. Valentino. Con il 1813 in Udine terminò l’egemonia francese e nel 1814 iniziò quella Austro-Ungarica che si concluse, salvo una brevissima parentesi dal marzo all’aprile 1848, nel settembre del 1886.
Nel 1838, proprio durante la dominazione asburgica, i locali del convento, con l’annessa Chiesa di S. Valentino, vennero riadattati ad Imperial – Regio Ospedale Militare, che rimase tale, pur cambiando denominazione, anche quando il Friuli Venezia Giulia entrò a far parte dell’Italia, passando quindi al Demanio Militare Italiano.
Durante la guerra del 1940-45 fu centro di mobilitazione, costituendo numerose unità sanitarie, e raggiunse con le varie sezioni impiantate in altri immobili della città, una capacità di circa 1500 posti letto.
Nell’anno 1993 l’Ospedale Militare venne riadattato in Ospedale Militare di Medicina Legale e verso la fine del 1998, già trasformatosi in Centro Militare di Medicina Legale, abbandonò i locali del chiostro cedendoli al Distretto Militare di Udine, insediatosi in tale struttura a decorrere dal 1° gennaio 1999.
Nel corso di tutti questi secoli, nonostante le diverse funzioni cui è stato destinato, il convento ha conservato sempre la sua struttura originaria, anche grazie ad intelligenti interventi di ristrutturazione che ne hanno salvaguardato l’integrità delle forme, lasciandolo fedele allo stile con cui è stato originariamente progettato ed edificato, senza alterarlo in modo significativo e senza ricorrere ad interventi che lo deturpassero.
Ora, con la soppressione dei Distretti Militari, ne è stata stabilita la destinazione quale sede della Brigata Genio Guastatori, che, per ragioni di sicurezza e di segretezza propria delle funzioni militari, dovrà intervenire pesantemente sulla struttura, a cominciare da opere di schermatura cui quasi sicuramente faranno seguito riadattamenti degli spazi interni sia nella disposizione che negli “arredi”: adattamenti questi che difficilmente, dato l’impianto logistico necessario ad una simile funzione, potranno essere conservativi e di impatto trascurabile, come invece lo sono stati tutti i precedenti interventi che la struttura ha subito nel corso dei secoli.
Una vera ingiustizia se si considera anche che il Demanio Militare ha a disposizione numerosi altri stabili, tra cui svariate ex caserme dimesse che sta progressivamente cedendo al Comune di Udine, i quali sarebbero molto più adatti a tale destinazione rispetto a quello prescelto, che quindi non costituisce una scelta realmente obbligata.
Il Gruppo Archeologico Goriziano, appoggiato dai Gruppi Archeologici d’Italia, messa al corrente la Soprintendenza per i Beni Architettonici del Friuli Venezia Giulia, si è fatto promotore di una campagna di raccolte firme (a cui è possibile partecipare firmando online nella pagina attivata appositamente www.gruppiarcheologici.org/save) a sostegno di una petizione che, una volta inoltrata agli Enti competenti in materia, garantisca all’ex convento almeno di non venir manomesso e, se possibile, di venir destinato ad altra funzione, in quanto non adatto ad ospitare la Brigata Genio Guastatori.
Fondamentale è bloccare qualsiasi progetto di lavori che implichi uno stravolgimento della struttura originaria e degli interventi che hanno reso possibile, salvando quantomeno le forme quando non è stato possibile preservare gli originali, una conservazione molto fedele all’“autentico”.
Sarebbe bello che questo monastero venisse restituito, come le molte altre ex caserme, alla popolazione, magari anche come complesso museale o come sede di associazioni o uffici, ma se anche ciò non sarà possibile si spera che ne sia comunque garantita la tutela, secondo la Legge 1089 del 1939, a cui peraltro sono soggetti anche i Beni storici ed artistici di proprietà del Demanio Militare.
Sinora gli appelli rivolti alle autorità locali competenti sono caduti nel vuoto e non hanno ricevuto risposta, nonostante il massiccio interessamento dei mass media (soprattutto di emittenti radiofoniche) ed il fondamentale contributo offerto anche da altre associazioni, prima fra tutte Italia Nostra.
Le firme, che verranno raccolte fino ai primi di Gennaio del 2007, saranno quindi inoltrate molto probabilmente sia alla Soprintendenza Regionale, sperando che ne tenga debito conto, che, se necessario, ad altri Enti che possano intervenire con cognizione di causa in questa spiacevole situazione in cui, come purtroppo molto spesso accade, a farne le spese sarebbe la nostra storia e la nostra cultura.
Storia e cultura che, proprio nel contesto di una Regione come il Friuli Venezia Giulia, devastata dalle due Guerre Mondiali, assumono un rilievo ancor più significativo, se ci si sofferma a pensare a quale sia stata la perdita gravissima di testimonianze antiche di ogni genere inflitta dai numerosi e feroci conflitti che si sono svolti in queste terre “di confine”.
Autore: Sveva Macrini
Email: svevam@tiscali.it