Rosy PATICCHIO: Un bene da salvare in Terra d’Otranto.

La politica di tutela e valorizzazione del patrimonio storico-archeologico del Salento lascia tuttora a desiderare, nonostante le belle parole che suonano ormai come un patetico ritornello propagandistico, soprattutto alle orecchie dei tanti insigniti di una laurea in conservazione dei beni culturali che altro non possono fare che portare a spasso la propria pergamena. L’ultimo caso eclatante quello dell’Abbazia di San Nicola di Casole, vicino Otranto in provincia di Lecce, per cui è stata addirittura avanzata una proposta di vendita, in quanto di proprietà privata. Solo pochi ruderi costituiscono oggi la testimonianza del più importante centro propulsore dell’Umanesimo italo-bizantino in Terra d’Otranto e di un fertile movimento letterario che guidò molti giovani dediti all’arte poetica e alle discipline filosofiche.

Il monastero fu fondato nel 1098 ca. per volontà Boemondo I, nell’area in cui già sorgeva un cenobio costituito da casupole, donato dallo stesso principe normanno di Taranto e Antiochia ai monaci basiliani. L’abbazia godette di grossa notorietà, soprattutto perché determinò la sopravvivenza delle lettere greche in un periodo in cui, sotto l’influenza dell’ambiente culturale promosso dalla corte di Federico II a Palermo, la lingua volgare prevaleva su quella classica.

All’interno del monastero fu fondata una scuola poetica da parte dell’abate Nettario, e una biblioteca di cui poteva usufruire anche il pubblico, costituita da centinaia di volumi, pergamene, rotoli di papiri, oggi sparsi per tutta Europa. Il sacco di Otranto del 1480 portò infatti alla distruzione dell’intero complesso dell’Abbazia di San Nicola, che rimarrà abbandonata fino al 1527 ca., quando solo la chiesa verrà restaurata per volere del Papa Clemente VII.

Quello che fu, tra XII e XV secolo e al culmine della diffusione del monachesimo basiliano nel Salento, uno dei più importanti centri di cultura e religione medioevale, per lungo tempo ponte tra Oriente e Occidente, dove molti giovani appassionati di lettere classiche e protesi ad una vita di riflessione sulle principali problematiche teologiche del tempo si dedicarono ai loro studi umanistici e filosofici, trovando un saldo punto di riferimento, giace ora quasi invisibile all’occhio umano. Quei resti affioranti dalla campagna idruntina, tra cui due serie di quattro colonne che dovevano sostenere l’arcata dell’antica chiesa e alcuni fregi solitari, necessitano non tanto dell’acquisizione da parte di qualche straniero miliardario amante del paesaggio salentino, quanto di un intervento pubblico che miri al recupero funzionale dell’intera area del monastero di San Nicola, suggellando il ricordo di un tale antico splendore.

Bibliografia:
DAQUINO C., Bizantini in Terra d’Otranto. Cavallino (LE), Capone, 2000.

Autore: Rosy Paticchio