Il 24 ottobre del ’96 si apriva a Palazzo Mignanelli, sede dell’Accademia Valentino grande ammiratore di Balthus, una mostra dedicata al maestro, al secolo Balthasar Klossowski de Rola (1908 – 2001). Già molto anziano, a rappresentarlo fu la moglie Setsuko di ben 35 anni più giovane di lui che aveva sposato nel ’64.
Sembra una coincidenza, una felice coincidenza, ma anche la grande mostra antologica ospitata in due sedi prestigiose, le Scuderie del Quirinale (che ripropone l’intera carriera dell’artista) e Villa Medici (che punta piuttosto a mettere a fuoco il processo di lavoro negli anni romani), si è aperta lo stesso giorno.
Una mostra che viene a 15 anni dalla morte dell’artista, dopo l’esposizione di Palazzo Grassi organizzata da Jean Clair nel 2001 e che dopo Roma sarà da febbraio a giugno 2016 al Kunstforum di Vienna, prima monografica di Balthus in Austria.
La mostra romana è stata onorata alla presentazione alla stampa dalla signora Setsuko Balthus. Che conversa amabilmente con i giornalisti che fanno ressa per ascoltarla raccontare come conobbe Balthus nel ’62 a Kyoto. Il ministro André Malreau lo aveva incaricato di selezionare delle opere d’arte giapponese per una mostra che si tenne al Petit Palais. Mentì sulla sua età togliendosi qualche anno, dice. E torna con la memoria agli anni trascorsi a Villa Medici quando era direttore dell’Accademia di Francia dal ’61 al ’77. E’ a Roma che nacque la loro figlia Harumi. Anni indimenticabili d’incontri con personaggi come Fellini, Visconti, Zeffirelli. E parla dei suoi impegni attuali come artista, come ambasciatrice per l’Unesco e come responsabile della Fondazione intitolata all’artista.
Ma torniamo della mostra “che non si poteva fare altrove”, dice la signora Setsuko. E aggiunge “l’arte di Balthus richiede un contatto diretto con i suoi quadri. Hanno bisogno di tempo”. Balthus, infatti, dipingeva lentamente e tornava più volte sulla stessa tela, come rimarca anche il fratello Pierre. Un artista controverso, ma che ha avuto anche molti sostenitori fra gli intellettuali del ’900, sia nel collezionismo pubblico che privato, che nella critica d’arte, quasi un partito. Lo sostenevano considerando che la storia del ‘900 non si potesse rappresentare solo con le avanguardie, ma anche con Balthus, artista legato alla cultura mitteleuropea, alla tradizione rinascimentale, a Piero, ricorda Matteo Lafranconi, responsabile delle attività scientifiche e culturali delle Scuderie che ha collaborato con Cécile Debray, conservatrice del Centre Pompidou, alla cura della rassegna.
Un artista colto, non accademico, che trasfigura le forme del passato in una dimensione moderna, riempiendole di significati contemporanei come la psicanalisi, che incontra artisti, letterati, poeti, scrittori, musicisti come Gide, Bataille, Giacometti. Sensibile al romanticismo di “Cime tempestose” di Emily Brontë e a “Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carrol, ma agganciato a tematiche nuove, moderne, che trasformano la realtà in un mondo incantato, una visione estranea alle cose di tutti i giorni. Ma il migliore fra gli esegeti di Balthus è forse il fratello Pierre filosofo, scrittore, specialista di De Sade, che individua la particolarità della sua opera figurativa nella tensione fra la disciplina pittorica tradizionale e un mondo privato, onirico e familiare, erotico e grottesco, le cui origini sono da ricercare nell’infanzia.
150 le opere pesenti alle Scuderie, distribuite in dieci sale su due livelli, disposte in ordine tematico (La Strada, L’Infanzia, La pregnanza di Cime Tempestose, La Camera, Il Teatro delle crudeltà, La scatola prospettica, La semplicità classica, Chassy, Dal modello al fantasma), dipinti, disegni, studi, illustrazioni, lavori per il teatro, foto, documenti. E alcuni capolavori che danno un’idea completa della sua produzione. Non solo opere di Baltus, ma anche del fratello Pierre, di Arteau, Derain e una scultura di Giacometti. E raffronti impensabili.
Nella prima sala, uno accanto all’altro, “La strada” del ’33 dal Museun of Modern Art di New York, il punto di arrivo del giovane artista, un’opera che gli apre le porte di Parigi. E accanto la versione del ’29, di cui si erano perse le tracce, una composizione quasi identica alla prima, ma è cambiato completamente il modo di dipingere. In entrambe scene di giochi infantili, sottilmente erotiche, composizioni quasi geometriche alla maniera di Piero della Francesca che il giovanissimo Balthus nel ’26 aveva visto ad Arezzo girando per la Toscana in bicicletta. Imperdibili i “Bambini Blanchard” del ’37, un grande dipinto acquistato nel ‘41 da Pablo Picasso, segno di ammirazione da parte di un artista poco incline al collezionismo. Un’opera che non è su commissione, ma nasce dalla fascinazione che i bambini con i loro giochi dalle pose inusuali suscitano in lui. Da non dimenticare la monumentale “La chambre” del ’52-’54 che completa la serie di scene di fanciulle che si lavano, o abbandonate alla contemplazione o che giocano con un gatto, una sorta di doppio del pittore in cui si suggerisce quella dimensione erotica, celebrata e criticata. E libri di Artaud, un libro appartenuto alla madre e l’edizione originale, con prefazione e dedica di Rainer Maria Rilke di “Mitsou”, una raccolta di 40 disegni dell’amato gatto pubblicata nel ‘21. Comincia presto il rapporto con gli animali, con i gatti in particolare (“Il re dei gatti” del ’35 della Fondazione Balthus), e con lo specchio che ribalta il mondo. A chiudere il percorso Scuderie “Il poeta e la sua modella” dell’’80-’81 dal Centre Pompidou di Parigi.
Racconta il periodo romano la mostra di Villa Medici che si snoda nelle sale e lungo la rampa per raggiungere eccezionalmente, percorrendo una scala a chiocciola, la Camera turca, fatta allestire alla maniera orientaleggiante allora in voga con piastrelle a motivi geometrici da Horace Vernet che fu direttore dell’Accademia di Francia dal 1828 al 1835 su una delle torri del palazzo. E proprio con la “Stanza turca” dipinta dal ’63 al ’66, uno dei pochi quadri di quegli anni, inizia la visita. La modella, così come per “Japonaise à la table rouge” e “Japonaise au miroir noir”, è la giovane moglie Setsuko. Negli anni in cui ebbe la direzione della Villa, nel suo studio sotto la terrazza, Balthus dipinse solo una quindicina di quadri, dedicandosi prevalentemente al disegno, impegnato nel restauro della villa e dei giardini e nell’avvio di una vera e propria politica espositiva da realizzare in apposite sale.
“Per tutta la vita Balthus ha considerato alcuni luoghi come altrettanti spazi di proiezione immaginaria della sua identità bohémien e fantasmaticamente aristocratica”, scrive nel bel catalogo Electa Cécile Debray. Spazi ideali e reali, legati alla memoria come il castello di Muzot scelto da sua madre Baladine per il poeta Rilke, il castello in rovina di Chassy che il pittore ristruttura e trasforma e poi la villa rinascimentale e i giardini del cardinale Ferdinando de Medici che cerca di restaurare a modo suo, il castello medievale di Montecalvello vicino a Viterbo che acquista nel ’70 e arreda come il palazzo romano e infine in Svizzera dove ritrova i paesaggi della sua infanzia, l’ultima residenza a Rossinière.
Elegante ed essenziale l’allestimento che punta su un numero contenuto di pezzi, una cinquantina, ma di grande qualità e interesse. Come di consueto lungo la rampa, alla base e sulla sommità le opere più significative. Si comincia con “Nudo di profilo” e difronte in alto “San titre “. Altri nudi sul pianerottolo, mentre nel corridoio che conduce alla scala a chiocciola la serie di foto scattate con la Polaroid negli ultimi anni, come ausilio, quando non poteva più disegnare, macchiate di colore. Bellissimo lungo la rampa il raffronto fra i nudi e i ritratti di Michelina a sinistra e i paesaggi di Montecalvello a matita, pastelli e acquerelli su carta a pelle d’elefante a destra. Radure, boschi, calanchi, torri che sembrano emergere dal nulla in una dimensione di fiaba.
Info:
Roma, Scuderie del Quirinale, Via XXIV maggio 16. Orario: 10.00; venerdì – sabato 10.00 – 22.30, lunedì chiuso. Informazioni: tel. 06-39967500 e www.scuderiequirinale.it
Roma, Accademia di Francia – Villa Medici, Viale della Trinità dei Monti 1. Orario: 10.00 – 19.00, chiuso il lunedì. Informazioni: 06-67611 e www.villamedici.it
Fino al 31 gennaio 2016.
Autore: Laura Gigliotti
Fonte: www.quotidianoarte.it, 26 ott 2015