Il direttore generale per l’Innovazione tecnologica e la Promozione del Ministero per i Beni e le Attività culturali illustra le iniziative dirette a rendere più accessibile il patrimonio culturale attraverso l’ammodernamento dei sistemi di gestione e il ricorso a tecniche di marketing.
L’istituzione del Ministero per i Beni culturali, avvenuta una trentina di anni fa, costituì una rivoluzione nel sistema di gestione del patrimonio culturale dell’epoca, seguita, una ventina di anni dopo, da un’altra: la possibilità conferita alla Pubblica Amministrazione di offrire al pubblico, oltre all’ingresso in siti e musei e alla visione delle opere contenutevi, una serie di servizi aggiuntivi a pagamento come vendita di riproduzioni di beni culturali, di cataloghi e di altri oggetti relativi all’informazione museale, servizi di caffetteria, ristorazione, guardaroba ecc.
Un traguardo importante ma non ancora sufficiente, visti i rapidi progressi compiuti nel frattempo dai mezzi di informazione grazie allo sviluppo dell’informatica e della telematica. Per cui quasi silenziosamente è avvenuta un’altra rivoluzione: la creazione di un’apposita Direzione generale per l’innovazione tecnologica e la promozione, che è stata affidata all’architetto Antonia Pasqua Recchia, un alto dirigente di grande competenza e di vasta esperienza nel settore dei Beni culturali. L’architetto Recchia illustra, in questa intervista, le iniziative intraprese e i programmi in preparazione.
Domanda. Perché il Ministero per i Beni e le Attività culturali si è dotato di questa nuova struttura?
Risposta. “Per valorizzare le funzioni di innovazione e di ricerca. È un compito impegnativo, perché si tratta di aggiornare in profondità un’Amministrazione che quando è nata era modernissima. A differenza di altri Ministeri nei quali prevaleva la componente amministrativa, il Ministero nacque nel 1974 con una forte componente tecnico-scientifica per iniziativa del senatore Giovanni Spadolini, che lo fece istituire con un decreto legge dell’allora presidente del Consiglio Aldo Moro e ne divenne il primo titolare. Quella componente tecnico-scientifica è stata la nostra ricchezza, ha procurato alla nostra Amministrazione l’ammirazione di Paesi stranieri che la considerano un punto di riferimento per la normativa di tutela di cui dispone. L’Italia ha avuto una valida normativa a cominciare dalle leggi del 1939; l’ha conservata apportandovi le necessarie modifiche, con particolare riguardo alla capacità di intervenire sul patrimonio, di conservarlo, restaurarlo e valorizzarlo.”
D. Come attuate questa tutela?
“R. Quest’azione, che svolgiamo come braccio operativo dell’Amministrazione nei settori dell’innovazione tecnologica e della comunicazione, si basa su due pilastri essenziali. Il primo è quello dell’ammodernamento degli strumenti a disposizione; infatti, in quanto Pubblica Amministrazione, dobbiamo puntare sempre più all’efficienza e ai risultati, essere trasparenti nei confronti dei cittadini, offrire un servizio di qualità per di più abbassando i costi, perché il bilancio dello Stato è troppo deficitario ed è un preciso impegno di tutti i Governi il contenimento della spesa. Questi obiettivi possono raggiungersi attraverso la razionalizzazione e l’arricchimento degli strumenti a disposizione, un’impresa difficile perché è arduo migliorare i risultati riducendo i costi.”
D. Qual è il secondo pilastro?
“R. L’ammodernamento dei servizi culturali, che forse interessa più direttamente ì cittadini. È un compito affascinante: al mio gruppo di lavoro, ai miei collaboratori e anche ai miei colleghi, ripeto sempre che svolgiamo un lavoro bellissimo. Operiamo in un Ministero che gestisce un patrimonio culturale tra i più importanti del mondo; trattiamo con la bellezza dei paesaggi, delle opere, della parte della nostra storia più bella, che è la parte più bella dell’Occidente. Ci occupiamo di un materiale straordinario che suscita un grandissimo interesse.”
D. Che cosa fate per farlo conoscere e apprezzare di più?
“R. Svolgiamo un’attività di informazione per farlo conoscere a un numero sempre più ampio di cittadini, per stimolarne il godimento. Perché la finalità di questa Amministrazione consiste certamente nella conservazione del patrimonio, ma anche nella sua valorizzazione, per renderlo disponibile e diffonderne la conoscenza. A tal fine dobbiamo incentivare, far crescere il desiderio di cultura. Sotto questo punto di vista dobbiamo svolgere un’attività simile alla «vendita di prodotti»: dobbiamo stimolare i consumi culturali utilizzando gli strumenti propri del mercato, ossia il marketing. Non dobbiamo fare altro che sollecitare la domanda culturale, perché attraverso i consumi culturali crescono la cultura, la coesione sociale, l’attenzione alla qualità della vita.”
D. Anche gli introiti del Ministero?<(B>
“R. I nostri obiettivi non hanno un valore economico in sé, non intendiamo ragionare in termini di pura redditività, perché sarebbe un’operazione perdente; nessun museo nel mondo si regge da solo, si autofinanzia; quindi è impensabile ragionare in termini puramente economico-finanziari. Noi puntiamo ai ritorni su grande scala derivanti dall’aumento dei consumi culturali, da parte sia degli italiani sia degli stranieri, relativi a un patrimonio come quello dell’Italia. In questa ottica l’innovazione può fare molto per la valorizzazione e per l’aumento della fruizione.”
D. Con quali strumenti in particolare ne favorite la conoscenza?
“R. Stiamo attivando grandi canali di comunicazione. È in fase di avanzata elaborazione il progetto di un portale della cultura italiana, unico punto di accesso alle informazioni sulle attività culturali italiane, in varie lingue, destinato a far conoscere il patrimonio del nostro Paese nel mondo. Il portale della cultura fornirà informazioni e dati a quello strumento fondamentale che è il Portale Italia.it che sta realizzando il Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie, e che conterrà indicazioni utili sulla rete viaria e dei trasporti, sulle strutture turistiche e alberghiere, sulle attrattive gastronomiche, sul made in Italy ecc; ma i suoi contenuti fondamentali saranno quelli relativi al patrimonio culturale forniti dal Portale della cultura. Attraverso lo stesso portale si potrà accedere a tutte le informazioni fornite da Regioni, Enti locali, istituti culturali; non sarà il portale del Ministero dei Beni culturali ma della cultura nazionale. Nell’ambito dell’informazione culturale stiamo sviluppando anche altre iniziative sfruttando le possibilità fornite dalla tecnologia digitale.”
D. Attraverso internet?
“R. L’uso del computer è limitato a una fascia di utenti anagraficamente portata per questo mezzo, ma esiste anche una vastissima parte della popolazione che non l’usa e neppure ne avverte la necessità, ma possiede la televisione e il telecomando. Il sistema di trasmissione digitale terrestre consente di giungere a questo pubblico con una comunicazione interattiva facile, accessibile a grandi numeri dì cittadini ai quali non si arriverebbe mai con il web. Per questo un’altra attività che cerchiamo di sviluppare nel campo della comunicazione consiste nella realizzazione di contenuti culturali da trasmettere attraverso i canali televisivi.”
D. Come pensate di diffondere la conoscenza del patrimonio straordinario chiuso nei musei?
“R. Attualmente le modalità per ammirarlo sono piuttosto statiche e standardizzate: visite con guide e talvolta con audioguide. In questo ambito stiamo elaborando progetti per aumentarne la conoscenza, per esempio fornendo la possibilità di registrare sul proprio computer palmare o sul telefonino le immagini di siti, di aree archeologiche, di opere d’arte come sono attualmente ma anche come erano in varie fasi storiche, al fine di porre anche i non addetti ai lavori in grado di comprendere e conoscere mondi per loro difficili. Un progetto prevede la possibilità, per i visitatori e in particolare agli studenti, di costruirsi un museo personale virtuale assemblando le immagini digitali prelevate da vari musei; a tal fine man mano che si visitano le sale dei musei si potranno registrare sul cellulare, strumento ormai diffusissimo, testi, grafici, fotografie ecc. La registrazione sul palmare o sul telefonino dovrà essere resa possibile; se non si attivano meccanismi per loro accessibili, i ragazzi non andranno più nei musei per cui, come scaricano la musica via internet, devono potersi costruire il proprio museo virtuale, accedervi ecc.”
D. In che consiste il “merchandising” culturale che il Ministero ha annunciato di voler sviluppare?
“R. Un vero salto qualitativo per il nostro Paese, consistente nell’accrescere l’emozione provocata dalla visita dei musei con l’offerta di qualcosa che la ricordi, ma di elevata qualità, più che la solita vendita del catalogo, di cui pure si realizzano esempi straordinari. Il catalogo presuppone già un livello culturale più avanzato, mentre molte persone cercano solo di acquistare un oggetto da regalare, ma purtroppo dobbiamo riconoscere che nei nostri book shop non ve ne sono molti. In passato, in periodi in cui non c’era nulla, il merchandising culturale, ovvero la gestione di servizi aggiuntivi, è servita a compiere il primo salto, ma oggi essa è abbastanza deficitaria. Un progetto nazionale di merchandising è stato avviato e vorremmo giungere entro non molto tempo, diciamo entro l’anno in corso, a realizzare un sistema di produzione di oggetti di qualità, con il bollino blu per differenziarli da quelli in vendita sulle bancarelle, consistenti per lo più in riproduzioni di opere d’arte realizzate con materiali sintetici nell’Europa dell’Est e nell’Estremo Oriente.”
D. Come ottenere questo risultato?
“R. Unendo i beni culturali, la capacità progettuale e creativa del nostro artigianato e delle nostre scuole di design, i materiali di pregio di cui dispone il nostro Paese, dovremmo produrre oggetti di qualità da vendere, perché la domanda esiste e lo dimostrano tutte quelle vendite non controllate di oggetti dal livello qualitativo bassissimo, ma che comunque rispondono a una domanda. Questo non significa che va eliminata la vendita sulla bancarella, ma se immettessimo in commercio oggetti che costano poco ma siano di qualità, potremmo far emergere un vasto sommerso e nello stesso tempo, attuando modalità distributive diverse, potremmo sfruttare uno spazio enorme. Perché non è detto che tutto il merchandising prodotto debba essere per forza venduto nel book shop del museo.”
D. Quindi anche nelle bancarelle?
“R. Possiamo ipotizzare una rete esterna, un franchising, una vendita in rete, alla quale anzi ho già pensato. Si tratta di un progetto che stiamo elaborando e al quale credo. Prima abbiamo compiuto una ricognizione su quello che avviene in Europa e negli Stati Uniti. Bisogna dire che tutto quel che brilla non è oro, e che anche negli altri Paesi esistono grandi difficoltà. Nella riproduzione e nella vendita di oggetti abbiamo osservato sempre un estremo rigore, tanto che a volte siamo accusati di esagerare. Ma il rigore va mantenuto se si avvicinano molto di più la fase produttiva a quella distributiva. Ormai l’offerta non è più adeguata alla domanda, perché questa è aumentata e si è modificata.”
D. Per quale motivo?
“R. Perché è cambiata la società e anche i numeri e i sistemi tecnici si sono ampliati. Il lavoro del Ministero va aggiornato. La legge Ronchey ha costituito lo spartiacque tra due ere, ma dobbiamo riconoscere che all’inizio essa era difficilmente applicabile, e sono trascorsi anni prima che si riuscisse ad impiantare un servizio aggiuntivo; abbiamo dovuto in primo luogo sottoporci a un’operazione di ammodernamento mentale, perché siamo funzionari dello Stato scelti e reclutati soprattutto per garantire la tutela e la conservazione del patrimonio. Sono architetto, ho partecipato a un concorso e sono entrata nella Pubblica Amministrazione con un obiettivo principale: tutelare e conservare efficacemente il patrimonio culturale come ad esempio i ruderi archeologici. E così tanti miei colleghi. Adesso abbiamo dovuto effettuare, più che una riconversione, un ampliamento della nostra sfera professionale, perché la valorizzazione, la promozione, la comunicazione sono diventati ambiti estremamente importanti.”
D. Le risorse finanziarie sono adeguate a questi nuovi compiti?
“R. Sono limitate, per cui abbiamo dovuto dotarci di una preparazione anche nel project manager financing perché nell’ambito del bilancio dello Stato la spesa corrente è destinata a ridursi sempre più. È anche giusto che sia così, perché i problemi sono moltissimi. Per cui dobbiamo reperire risorse finanziarie altrove. Non esistono tanti altrove, tuttavia alcuni ve ne sono, in particolare il parternariato con il privato. Spesso a questa possibilità è stata attribuita eccessiva importanza, il privato non è sempre un mecenate e vuole avere giustamente il proprio guadagno. Per cui questa formula è certamente importante ma non è sufficiente, e comunque deve essere sviluppata.”
D. L’Unione europea contribuisce?
“R. Il bilancio comunitario costituisce un’altra fonte di finanziamento; stiamo riuscendo ad ottenere fondi consistenti perché siamo abbastanza competitivi, presentiamo progetti validi, operiamo in partnership con altri Paesi europei. In tal modo possiamo usufruire di finanziamenti sia direttamente sia attraverso il Fondo sociale europeo, che li eroga alle Regioni. Nei programmi operativi regionali un’ampia parte di risorse è destinata a progetti nel campo dei beni culturali. Certamente non possiamo fare salti di gioia, ma bisogna anche adeguarsi alla realtà: riducendosi il bilancio dello Stato, dobbiamo trovare altrove le risorse, in un sistema che rende possibile anche nuove operazioni; le nuove normative rendono infatti possibili iniziative di parternariato con i privati e mettono a disposizione fondi europei, progetti speciali europei e altro.”
Fonte:Specchio Economico