In distribuzione gratuita in questi giorni l’opera libraria “Etnie – Popoli e civiltà tra culture e tradizioni” (pp. 219): edita dal Ministero peri Beni e le Attività Culturali — Direzione generale per i beni librari e le attività culturali – e dal Comitato nazionale minoranze etnico-linguistiche in Italia.
Il volume, curato da Pierfranco Bruni, è diviso in più saggi e propone il concetto di ‘etnia’ in un contesto multietnico e multilinguistico attuale molto variegato.
Lo studio, nel leggere attentamente i passi della ricerca condotta, analizza sia i rapporti tra etnia e territorio che il dialogo tra minoranze linguistiche e fattori antropologici ed etnici. Al suo interno non viene trascurato, però, il rapporto tra il valore di etnia e i codici di indagine come l’archeologia, l’arte, le tradizioni e la storia.
Le etnie sono realtà in movimento con le quali ci troviamo a fare i conti, realtà che si incrociano con quegli ‘spettatori deterritorializzati’ di cui parla Arjun Apparudai nel testo Modernità in polvere. E questo è un dato che riguarda tutte le 12 etnie (storiche) considerate tali in Italia. Dagli Arbereshe, dunque, ai Grecanici. Dai Ladini ai Sardi. Dagli Occitani ai Franco-provenzali: queste etnie non appartengono alla cultura della modernità e con la modernità, in termini culturali, si scontrano costantemente. Perché se oggi sono saltati i confini che determinavano territori e culture, è altrettanto vero che l’identità costituisce ancora un percorso non solo della memoria, e tra i labirinti del tempo è sforzo di costruzione di un passato che sa ancora parlare e insegnare.
Questo anche in risposta alla ormai celebre teoria dello ‘scontro di civiltà’ di cui parla Samuel Hungtinton, perché sempre più ai nostri giorni si ritorna a parlare di etnie e anche si tende a etnicizzare qualsiasi tipo di conflitto e problema sociale, dato che le persone non sono monoliti inscalfibili, per ricordare le parole di Tiforau.
“Etnie. Popoli e civiltà tra culture e tradizioni”, scrive nella prefazione il sottosegratario Nicola Bono, “indaga sia sul versante dei rapporti tra etnia e territorio sia in merito al dialogo, sempre più insistente, tra minoranze linguistiche e fattori antropologici ed etnici, sia su un confronto importante tra il valore di etnia e gli altri codici di indagine come l’archeologia, l’arte, le tradizioni, la storia”. Così, fa notare il numero due del dicastero di via del Collegio Romano, “il Mediterraneo ancora una volta è chiave di lettura fondamentale per ‘garantire’ identità a un Paese come l’Italia che si è sempre aperto ad orizzonti di accoglienza senza mai disperdere quelle matrici che hanno trovato nella cultura greca e in quella romana una simbiosi di fattori che sono un radicamento mediterraneo consistente”.
Stivale e stili di vita
Tanti e qualificati i contributi degli studiosi che compongono questo saggio. Tra gli altri quello di Pietro De leo su ‘Etnie/minoranze’, di Maria Zanoni su ‘Il concetto di etnia nella cultura popolare contadina’, o di Costantino Nikas du ‘L’identità ellenica nella grecia salentina’. Senza dimenticare per questo lo scritto di Filippo Violi su ‘I greci di Calabria: un popolo in viaggio tra identità e tradizione’ e il contributo di Antonio Basile su ‘Il tarantismo pugliese’. Nel discorso si innesta la questione del rapporto tra etnie diverse che abitano lo Stivale e stili di vita, ma anche del legame tra popoli e lingue. Da parte sua il curatore del volume, Pierfranco Bruni, mette in evidenza dalle pagine di questo libro come “senza una profonda consapevolezza della cultura della tradizione le etnie storiche perdano la loro valenza sia etica che documentaria. Un dibattito tutto da riprendere e da sviluppare in una logica in cui il concetto di tradizione deve avere un suo senso”.
Le minoranze etnico-linguistiche sono parte integrante di quei processi etnici che rappresentano delle realtà storico-culturali con una loro fisionomia e una loro funzione antropologica che testimoniano istanze non innovative ma conservative. “Il sentimento delle radici», nota ancora Bruni, «non è soltanto un fatto culturale ma coniuga istanze storiche con una spiritualità che da il senso alle identità. Le identità sono processi che le civiltà, i popoli, le epoche si portano dentro ma possono anche mutare e presentarsi con delle varianti“.
Le appartenenze, invece, sono il valore intrinseco nelle stesse identità ma si legano a significati che hanno valenze profondamente spirituali. Le radici, in fondo, sono il portato di esigenze e di sentimenti. Beni culturali e minoranze linguistiche (etnico-storiche-antropologiche-archeologiche) è un rapporto che si manifesta attraverso elementi e modelli che vivono sul territorio. E il territorio è una espressione emblematica che è a sua volta espressione di conoscenza e di consapevolezza storica. Nel caso delle minoranze etnico-linguistiche occorre principalmente un raccordo che invita a leggere queste comunità non solo in un contesto folcloristico e antropologico ma anche profondamente articolato su questioni di ‘rappresentanza’ storica le cui identità sono anche dati matetiali. La cultura popolare e i codici dell’appartenenza sono elementi fondamentali perché grazie ad essi la storia si intreccia con il mito, con fattori etnici, con elementi archeologici e artistici, con la ricerca sul campo.
Patrimoni da salvaguardare
Un viaggio nel tempo: ci sono minoranze che provengono dal mare e si sono stanziate lontane dall’acqua. E ci sono minoranze che hanno invece una vocazione risalente a una geografia interna ed hanno mantenuto questo contatto. Ma ce ne sono anche altre che si sono innestate su ceppi già esistenti. Si pensi ai grecanici o agli italo-albanesi o ai ladini.
Resta però fermo un concetto, che è quello del rapporto tra l’identità come difesa di un patrimonio e la tradizione che però non resta come rispetto del tempo vissuto ma si presenta sotto forma di una rivitalizzazione. Sono ‘spicchi di civiltà’ che trovano soprattutto nell’arte, nella letteratura e in quelle istanze espressive (in movimento) come la musica, il canto, la danza un tracciato che indicato una strada per non dimenticare. Perché soltanto il Mediterraneo può unire nella diversità.
Autore: Gerardo Picaro
Fonte:Indipendente