Il vincolo " archeologico" deve essere ben motivato. Ma se l’area è storicamente accertata, anche se non esistono reperti, è giustificato l’inedificabilità assoluta legata alla visuale del " compendio" .
Il Consiglio di Stato (sentenza 4566 del 6 settembre 2002), accogliendo un ricorso del ministero dei Beni culturali, ha dettato regole e riferimenti per la legittima costituzione di vincoli " indiretti" su terreni che si trovano in aree di interesse archeologico, in riferimento a criteri ancora poco noti come la prospettiva dalla quale questi beni vengono visivamente fruiti.
La vicenda prende le mosse da un vincolo di inedificabilità assoluta deciso dai Beni culturali su un terreno dove non esistevano reperti veri e propri ma dove, se fossero state erette costruzioni, sarebbe stata compromessa la " fruibuilità visiva" del mausoleo di S.Elena, nei pressi della Via Labicana antica. Il Tar Lazio, accogliendo le ragioni dei proprietari, aveva giudicato il vincolo ingiustificato, in quanto basato su considerazioni di ordine storico e rilevando che la distanza dai monumenti dell’area " colpita" dal vincolo era di circa 650 metri. Mancavano quindi i criteri di " congruità e ragionevolezza" indipsensabili nell’ambito delle decisoni discrezionali della " Pa" .
Il Consiglio di Stato ha accolto le ragioni del ministero, evidenziando che il decreto aveva lo scopo di tutelare il comprensorio della Via Labicana antica, un sito " di importanza eccezionale" , ancora conservato " in modo da garantire la visuale del mausoleo da ogni parte, e il decreto ministeriale impugnato precisa che intende salvaguardare la visuale del mausoleo da tutte le possibili prospettive dell’intero comprensorio" . Inoltre, tutto intorno ci sono reperti e, nel caso di specie, diventa impossibile negare che " l’unitarietà di un’area archeologica deriva dalla vastità del complesso insistente su di essa e dalla unitarietà del " praedium" , documentata dalle fonti antiche, oltre che dalle modalità, storicamente stratificatesi, di fruizione estetica e visiva dei beni del complesso archeologico medesimo" . Il mero dato della distanza – precisa il Consiglio di Stato – non assume valore significativo e decisivo, in sè considerato, dovendosi valutare se le condizioni di prospettiva, luce, decoro del complesso archeologico rendano necessaria l’imposizione di un vincolo indiretto. Si deve quindi ritenere, prosegue la sentenza, che per la legittimità del provvedimento amministrativo che impone un vincolo indiretto non occorra accertare dirette presenze archeologiche nell’area, pure considerata parte di un compendio considerabile un unitario bene culturale sulla base di fonti storiche, né occorre far precedere l’atto impositivo del vincolo da indagini ed esplorazioni ai sensi dell’articolo 43 della legge 1089/39.
Si devono però, prosegue la sentenza, " indicare con precisione il bene oggetto del vincolo, le cose in funzione delle quali il vincolo indiretto è imposto, il rapporto di complementarietà fra le misure limitative ed il fine pubblico perseguito, le ragioni di adozione della misura limitativa" .
Passando poi a esaminare quello che lo stesso collegio definisce il punto centrale della controversia, cioè che il provvedimento difetterebbe di specificità in relazione all’ampiezza e alla distanza dell’area sottopòsta a vincolo indiretto, il Consiglio di Stato chiarisce che " la mera circostanza della distanza fisica non può avere valore significativo di una violazione del principio di proporzionalità, non esistendo un criterio assoluto per la determinazione (…) della fascia di rispetto attorno ad una zona monumentale, ma dovendosi fare riferimento alla situazione storicamente determinatasi relativa alle condizioni della prospettiva e della visuale di un monumento dalla aperta campagna. L’imposizione della visuale poi garantisce non solo l’integrità e la visibilità del monumento ma anche l’integrità dell’ambiente circostante e il decoro" . In particolare, " nel caso di specie le fotografie attestano che, nonostante la distanza di 650 mt. circa, la visuale è significativa, da più punti limite dell’area vincolata, sicché mero dato fisico della distanza non può essere considerato indice rilevante di sproporzione del vincolo in presenza dei requisiti di continuità storica della visuale e delle esigenze di mantenimento dell’integrità ambientale dell’area" .
Autore: Saverio Fossati
Fonte:Il Sole – 24 Ore