Di Matilde di Canossa (1046-1115) Petrarca lascia un’immagine di donna di potere, crudele e guerriera (“possedette una parte non esigua d’Italia […] conduceva con animo virile le guerre, imperiosa con i suoi, ferocissima verso i nemici, molto liberale verso gli amici”).
Dante ne fa invece una gentile donzella, “una donna soletta che si gìa cantando e scegliendo fior da fiore ond’era pinta tutta la sua via”.
Ma chi era veramente Matilde di Canossa, al di là del mito sorto intorno alla sua figura già pochi decenni dopo la sua morte? E come vivevano gli uomini e le donne di allora, in quelle terre minacciate dalle piene del Po e attraversate dalle truppe straniere, crocevia ineludibile per chiunque volesse scendere nella Penisola? E. ancora, in che modo Chiesa e Impero, le due grandi potenze del tempo, si spartivano il potere? E quali erano le espressioni di un’arte che andava allora formulando i suoi codici nel nuovo linguaggio del romanico?
A tutte queste domande si propone di rispondere la mostra che si apre il 31 agosto nella Casa del Mantegna (Matilde nacque proprio a Mantova) dove resta visibile fino all’11 gennaio 2009.
Curata da Renata Salvarani e Liana Castelfranchi, “Matilde di Canossa, il papato, l’Impero” (catalogo Silvana Editoriale) è una mostra che intreccia storia, arte e cultura materiale, narrando la figura della “comitissa”, dei suoi possedimenti e delle sue imprese militari (guidò, stando in campo, ben tre battaglie) e politiche, la più celebre delle quali fu l’incontro di pacificazione, “di Canossa” appunto, nel gennaio del 1077, tra l’imperatore Enrico IV, il cugino con cui lei aveva giocato, bambina, nell’esilio tedesco seguito all’assassinio del padre Bonifacio, e il papa Gregorio VII, che l’anno prima aveva scomunicato l’imperatore.
Tutto questo viene rievocato nella mostra di opere e oggetti d’arte straordinari: i suoi sigilli e i suoi documenti autografi; il trono imperiale sassone di Goslar, in ferro battuto, e la cattedra papale di San Giovanni in Laterano; il fonte battesimale di Fidenza, che raffigura papa Alessandro II, destituito e poi reinsediato dal Concilio di Mantova (1064) e il sarcofago (ellenistico, di recupero) della madre di Matilde, Beatrice di Toscana; i codici liturgici, i salteri, gli evangelari miniati giunti dalle maggiori biblioteche del mondo, e i tesori dei Guelfi (a 43 anni lei sposò Guelfo V il Pingue, sedicenne); i preziosi oggetti appartenuti a Enrico IV e gli avori di manifattura milanese creati tra l’Alto Medioevo e l’età ottoniana, fino ai paramenti liturgici del tempo (tra cui la casula di Clemente II, in un tessuto aureo bizantino) e a un nucleo di opere mai viste prima in Italia, giunte dall’Abbazia di Cluny: il portale della chiesa, lo jubé (il setto che separava il coro dei monaci dall’area dei fedeli) e la tomba di Ugo di Seymour, che presenziò all’incontro di Canossa tra papa e imperatore, ricoperti di sculture e rilievi, e solo di recente riassemblati dopo lunghi studi.
Autore: Ada Masoero
Fonte:Il Giornale dell’Arte