TPA: I “custodi” a tutela del patrimonio artistico.

Alla fine i poliziotti del film “Topkapi” riescono a recuperare il prezioso pugnale rubato dal museo di Istanbul. Un’operazione riuscita per una buona dose di fortuna. In Italia i topi d’arte hanno vita meno facile. Nel nostro Paese infatti esistono i Carabinieri Tutela patrimonio culturale (Tpc), nati nel 1969, e il Gruppo tutela patrimonio archeologico della Guardia di finanza, oltre alle Direzioni generali del ministero dei Beni culturali e a strutture interne agli enti locali che svolgono compiti di vigilanza. Non stiamo parlando di professioni di grandi numeri.

I carabinieri Tutela patrimonio culturale sono circa 300 distribuiti tra il Comando generale, il reparto operativo e gli 11 nuclei sparsi in tutt’Italia. Il Gruppo tutela patrimonio archeologico delle Fiamme gialle conta una trentina di operatori. Sono qualche centinaio i funzionari e i dirigenti ministeriali preposti alla tutela.

Va da sé che si tratta di lavori legati a talento e a grande preparazione a cui si accede dopo anni di studi e d’esperienza. “Non siamo esperti d’arte; prima di tutto siamo investigatori – spiega il colonnello Ferdinando Musella, comandante reparto operativo Carabinieri Tpc -. I miei uomini svolgono indagini come tutti i colleghi, solo che nel nostro caso abbiamo a che fare con beni culturali e le loro normative che impariamo a conoscere con una speciale formazione e il lavoro sul campo. Facendo parte del ministero dei Beni culturali abbiamo il vantaggio di avere a nostra disposizione i maggiori esperti nei vari settori dell’arte che ci aiutano nell’attività”.
 
I ‘carabinieri dell’arte’ che lavorano alla Banca dati opere rubate devono essere esperti informatici: “Si tratta di un archivio con due milioni di dati e 200mila fotografie, consultabile dal cittadino e dai tecnici con due livelli di ricerca. In questo ambito occorre avere ottime conoscenze informatiche per provvedere al mantenimento dei dati e al loro aggiornamento”, conclude Musella.

La struttura della Gdf che coordina le attività a tutela dell’arte si chiama Gruppo Tutela patrimonio archeologico. Ma la denominazione va un po’ stretta. “Ci occupiamo del patrimonio artistico in generale – afferma il capitano Massimo Rossi, comandante di sezione del Gruppo.

Nell’esplicare i controlli di carattere amministrativo e tributario la Gdf si trova di fronte a reati d’evasione fiscale che a volte sottendono al traffico illecito di reperti e quindi interveniamo noi. Abbiamo poi la componente aereonavale che partecipa, insieme alle altre forze dell’ordine, a vigilare aree archeologiche marine e al recupero di opere sommerse”.

Un altro tipo di tutela è quella svolta a livello ministeriale centrale e nelle sovrintendenze. Rivendica i meriti Roberto Cecchi, direttore generale per i beni architettonici e paesaggistici: “L’Italia ha salvato più di ogni altro Paese le preziose stratificazioni storiche”.

In 108 Soprintendenze operano architetti, archeologi, restauratori e storia dell’arte. “La tutela si rivolge al patrimonio architettonico, costituito da palazzi, chiese, edifici pubblici e privati, anche contemporanei – dice Cecchi – e al patrimonio paesaggistico, riconosciuto in porzioni di territorio eccezionali per i loro caratteri naturali o per la testimonianza della relazione con l’opera dell’uomo, come nel caso della laguna di Venezia”.

E poi la Direzione generale patrimonio storico artistico etnoantropologico e la Direzione generale patrimonio beni archeologici dove si fa archeologia preventiva come spiega Irene Berlingò collaboratrice del direttore Anna Maria Reggiani: “È una legge dello scorso luglio in base alla quale dobbiamo essere in grado di sapere prima dell’inizio dei lavori se sono a quella strada o a quell’edifìcio ci sono reperti, per evitare così di danneggiarli”.

Spesso le operazioni di prevenzione/ricerca e recupero delle opere d’arte richiedono periodi di indagine all’estero. Per questo gli operatori sono almeno “fluent english” e conoscono diritto e leggi internazionali. La gang di “Ocean’s eleven” è avvertita.
 
La professione

Fiuto investigativo e competenze informatiche sono dati indispensabili in questo lavoro.

Carabinieri e Guardia di finanza devono operare a fianco di architetti, archeologi, restauratori e storici distribuiti tra Ministero, Soprintendenze ed enti locali per tutelare il ricco patrimonio culturale italiano.

Carabinieri: www.carabinieri.it

Carabinieri Tutela patrimonio culturale: tpc@carabinieri.it

Guardia di finanza: www.gdf.it

Gruppo patrimonio archeologico – Nucleo regionale polizia tributaria del Lazio: www.gdf.it/compiti/patrimonio.htm

Direzione generale per i beni architettonici e paesaggistici: www.bap.beniculturali.it

Direzione generale per i beni archeologici: www.archeologia.beniculturali.it

Direzione generale per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico: www.arti.beniculturali.it

Banca Dati delle opere d’arte rubate è un motore di ricerca che consente una consultazione, semplice e avanzata, di un archivio in cui sono contenuti descrizioni e foto di opere riportate sul Bollettino delle opere d’arte rubate, quelle a cui è stato attribuito un grado di rilevanza e delle quali sia stato denunciato il furto: www.carabinieri.it

Scudo blu internazionale (Icbs -International commitee or the blue shield), fondato nel 1996, prende il nome dal simbolo specificato nella Convenzione de L’Aja (1954) a protezione dei Beni culturali, per la difesa dei quali vengono promosse azioni di protezione, prevenzione e sicurezza in tutte le situazioni rischiose, come i conflitti armati e le calamità naturali: www.blueshieldmeeting.com

Unesco: www.unesco.org

Associazione città italiane patrimonio mondiale Unesco: www.sitiunesco.it

Per iniziare occorre un concorso

Diventare detective dell’arte non è da subito. Per carabinieri e Guardia di finanza si deve sperare nella vacanza, ovvero che si liberino dei posti nel settore tutela. Nei ministeri è più dura: l’ultimo concorso risale al 1998. In entrambi i casi selezioni e concorsi sono aperte sia a uomini che a donne. “Gli interessati fanno domanda che viene esaminata in base all’esperienza nell’Arma (minimo di quattro anni) e al curriculum – spiega il colonnello Ferdinando Musella del reparto operativo carabinieri Tutela patrimonio culturale -. I prescelti fanno un corso in Tutela patrimonio storico artistico seguiti da funzionari del ministero e nostri ufficiali. Si tratta di un’infarinatura generale sull’arte e di una solida preparazione giuridica che parte dal codice dei beni culturali. Col tempo si diventa anche esperti d’arte, ma se posso dare una dritta, i nostri uomini sono scelti in base al talento investigativo. A noi serve gente che sappia mettere microspie, fare pedinamenti, usare telecamere infrarossi e cosi via”.

Capita però che il lavoro alimenti un certo interesse per i beni culturali, così alcuni militari si iscrivono all’università per conseguire lauree o master.

“Non esiste un titolo di studio specifico per entrare a far parte del Gruppo tutela patrimonio archeologico – esordisce il capitano di Gdf Massimo Rossi -. La sensibilità verso la materia e quindi l’avere una preparazione universitaria nel settore sarà titolo preferenziale in sede di valutazione delle domande. È un percorso a tappe: prima si entra in Gdf come allievo finanziere e poi si cerca di avvicinarsi al gruppo di preferenza”.

Coloro che desiderano arruolarsi devono superare le prove previste dal bando di concorso. Chi vince frequenta la scuola che dura nove mesi. Chi vuole proseguire ha davanti a sé tre anni della scuola sottufficiali. Chi invece accede all’Accademia studia per cinque anni. Infine il master di due anni alla Scuola di polizia tributaria. Per lavorare nelle Direzioni generali del ministero dei Beni culturali e nelle Sovrintendenze occorre essere in possesso del diploma della scuola di specializzazione e si partecipa ad un concorso, oppure si firmano contratti per consulenze o collaborazioni.
 
OCCUPAZIONE Il 2,2% di posti in più

L’Italia è definita potenza culturale, Paese con la più alta densità di beni artistici. In questo breve viaggio tra le professioni a tutela di questo prezioso patrimonio ci si scontra però con carenze di personale nelle forze dell’ordine e con ministeri che assistono al pensionamento dei loro tecnici senza poterli sostituire. “Non riusciamo a trasferire la nostra esperienza ai giovani, perché i giovani non ci sono – afferma con preoccupazione Irene Berlingò della Direzione generale per i beni archeologici -. Una situazione dovuta al fatto che l’ultimo concorso risale alla fine degli anni 90”. Irene Berlingò aggiunge un fatto positivo, però: “Sono molto richiesti professionisti esterni a cui si da il compito di effettuare determinati scavi o studi”.

Ragiona su dati incoraggianti Roberto Occhi, capo della Direzione generale beni architettonici e paesaggistici: “Tra il 1990 e il 2000 l’occupazione nel settore dei beni culturali è aumentata del 2,2% l’anno contro la media nazionale dello 0.2%. Senza suscitare aspettative eccessive si può dire che non mancano opportunità lavorative. Nel Nord Italia, ad esempio, si registrano carenze di personale”.

Contingentati anche i numeri di chi si occupa di tutela nell’Arma e nella Gdf. I reclutamenti, per uomini e donne, sono quelli tradizionali (almeno una volta l’anno) ma la destinazione ai settori tutela è programmata e solo a questo punto c’è una formazione specifica che si svolge all’interno delle strutture militari. Non c’è un po’ di autoreferenzialìtà? Risponde il capitano della Gdf Massimo Rossi: “I programmi dei corsi sono mutuati da quelli universitari, dalle lauree in economia, giurisprudenza. Docenti sono professori universitari, ufficiali ed esperti per avere una visione a 360 gradi”.
 
FABIO “Ho cominciato con il recupero di anfore romane”

Figlio d’arte era destinato a una carriera nella Guardia di finanza, ma a 18 anni Fabio Calabrese non sa in quale campo specializzarsi. L’anno dopo la svolta. “Dopo la scuola per allievi finanzieri ero stato assegnato alla compagnia di Livorno, che si occupava di vigilanza alle operazioni doganali. Partecipo al sequestro di un container pieno di anfore di epoca romana provenienti dalle coste dell’Africa. È stata un’operazione con molte soddisfazioni professionali e decisi che il mio obiettivo era lavorare nel Gruppo tutela patrimonio archeologico”. Un sogno che Fabio ha dovuto lasciare nel cassetto per anni.

“Nel frattempo mi sono iscritto alla scuola sottufficiali nell’ottobre 1992 e poi sono stato assegnato in diversi reparti”. La meta sembra più vicina nel 1996, con un incarico a Roma. Il Gruppo tutela patrimonio archeologico fa infatti parte del Nucleo regionale polizia tributaria del Lazio, che ha sede nella capitale. “Nel 1999 vengo assegnato al Centro repressioni frodi e mi occupo di scommesse clandestine. Un lavoro che mi appassiona, ma che non mi impedisce di fare domanda per il Gruppo tutela patrimonio”.

Passa un anno e il maresciallo Fabio Calabrese diventa detective dell’arte.. Consigli a un giovane? “Fare i concorsi sin dai 18 anni e nel caso riprovarli più volte. Diventare un ottimo agente di Guardia di finanza e poi proporre di essere assegnato al gruppo di preferenza. Ci vuole tempo, ma il corpo cerca di assecondare le richieste”.

MICHELE “E necessaria molta esperienza sul campo”

Trentaquattro anni è maresciallo dei carabinieri e da cinque anni lavora alla Tutela patrimonio culturale. “Mi sono arruolato nel 1992 e sono stato assegnato alla territoriale con compiti di polizia giudiziaria e di contrasto della criminalità organizzata. Poi ho accettato l’interpellanza”, racconta Michele Speranza. Vale a dire?

“Il Comando generale informava che alla Tutela patrimonio culturale c’erano posti liberi e quindi chi voleva poteva fare domanda per esservi assegnato. Così ho presentato la mia candidatura. In seguito è stata fatta una selezione in base al curriculum e a risultati di test psico-attitudinali. Sono entrato in graduatoria e poi mi hanno assegnato al nuovo ruolo. Alla fine del 2001 ho iniziato il corso di formazione al ministero Beni culturali”.

Quando è nata la passione per l’arte? “Chi vive in Italia non può non avere quanto meno interesse per il patrimonio culturale. Io ho avuto sempre una certa passione e il desiderio di preservarla da danneggiamenti e reati in generale – confida Speranza che è nato a Tropea, uno dei gioielli paesaggistici della Calabria -. Anche se la molla, forse, è scattata quando partecipai a un’operazione per il recupero di dipinti e ho incontrato e lavorato per la prima volta con i carabinieri Tutela patrimonio culturale”.

Consigli per gli aspiranti? “Di fare moltissima esperienza investigativa sul campo, dai reati più semplici a quelli più complessi. Noi, anche se le nostre ‘vittime’ sono beni d’arte, non siamo esperti d’arte ma investigatori”.

Autore: Carmen Morrone

Fonte:Avvenire