San Salvario non è stato solo un quartiere residenziale, commerciale, industriale: fra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento è stato anche il principale polo della ricerca scientifica torinese.
Qui si sono sviluppate la ricerca botanica e la sperimentazione agraria: dalla creazione dell’Orto botanico nel 1729, all’insediamento dei Vivai Burdin nel 1822, e delle Serre municipali tra il 1871 e il 1926, nello stesso isolato che, dal 1886, accoglie l’Accademia di Agricoltura con i suoi Orti sperimentali e, non lontano, in via Ormea 47, dal 1895, anche la Stazione di Chimica agraria.
Dal 1859 il Castello del Valentino – ora sede delle due Facoltà di Architettura – ospita la Regia Scuola di Applicazione per gli Ingegneri, primo nucleo dell’attuale Politecnico, mentre nel Parco si svolgono le grandi Esposizioni, prima cittadine, poi nazionali e internazionali, di cui il Borgo medievale è il principale, ma non certo il solo loro lascito.
Dal 1885, tra corso Massimo d’Azeglio e via Giuria, viene costruita la «Città della Scienza» con le nuove sedi per gli istituti scientifici dell’Università, al cui fianco, dal 1931, sorge l’Istituto Elettrotecnico nazionale Galileo Ferraris. Dal 2006 in San Salvario è attiva la Scuola universitaria per le Biotecnologie di via Nizza, nello stesso luogo in cui, tra il 1934 e il 2003, si trovava la Facoltà di Veterinaria.
I musei del Palazzo degli Istituti Anatomici, nel conservare memoria di questo importante ma poco noto passato del quartiere e della città, si propongono di offrire anche un contributo allo sviluppo della ricerca e della conoscenza scientifica, da cui dipende una parte rilevante del nostro futuro.
Il Palazzo degli Istituti Anatomici
L’isolato compreso fra corso Massimo d’Azeglio e le vie Donizetti, Giuria e Michelangelo è stato sede, dalla fine dell’Ottocento, degli Istituti Anatomici della Facoltà di Medicina, e ospitò, tra il 1935 e il 1996, anche la Facoltà di Agraria.
Con la riapertura del Museo di Anatomia Umana – restaurato e riproposto nell’originario allestimento del 1898 – e del Museo della Frutta, dal 2007 il Palazzo degli Istituti Anatomici ha ripreso e sviluppa una vocazione museale che gli era stata propria sin dalle origini.
Il nuovo polo museale scientifico si arricchisce ora con l’apertura del Museo di Antropologia criminale “Cesare Lombroso”, che già si trovava in questo edificio fra il 1898 e 1948. In un prossimo futuro è previsto anche il trasferimento del Museo di Antropologia ed Etnografia, che ha oggi sede nell’edificio del ex ospedale di San Giovanni, entrambi parte – con il Museo di Anatomia Umana – del Progetto Museo dell’Uomo.
Questo nuovo polo museale, espressione di un intento condiviso dall’Università degli Studi di Torino, dalla Regione Piemonte e dalla Città di Torino, offre una visione articolata e complessa del positivismo scientifico che, tra fine Ottocento e inizio Novecento, ha avuto in Torino un centro propulsivo su scala nazionale.
E, nel valorizzare il patrimonio storico universitario e degli enti di ricerca di Torino, offre al tempo stesso l’opportunità per riflettere, oltre che sull’eredità del positivismo, sulle nuove frontiere che la scienza si trova oggi ad affrontare.
2 Nel Palazzo, insieme al Museo di Antropologia Criminale ‘Cesare Lombroso’ inaugurato il 27 novembre 2009, sono quindi già fruibili il Museo di Anatomia Umana ‘Luigi Rolando’ e il Museo della Frutta “Francesco Garnier Valletti”.
Il Museo di Anatomia Umana “Luigi Rolando”
Il Museo, nato nel 1739 nel Palazzo dell’Università di via Verdi 8, oggi sede del Rettorato, dopo vari trasferimenti, venne riallestito nel 1898 nell’attuale sede del Palazzo degli Istituti Anatomici, in locali monumentali appositamente costruiti con un’architettura che sottolinea l’importanza della disciplina e il prestigio della scuola anatomica torinese a fine Ottocento.
Poiché nel corso del Novecento l’allestimento non ha subito rilevanti modifiche, abbiamo oggi la possibilità di visitare un eccezionale esempio di museo scientifico ottocentesco rimasto quasi inalterato, ora restaurato e riproposto nella sua veste originaria.
Oltre alle collezioni prettamente anatomiche (preparati a secco e in liquido, modelli in cera, cartapesta e legno), il museo conserva collezioni di interesse antropologico, frenologico, primatologico, embriologico, paleoantropologico, artistico e collezioni di strumenti, oltre a un fondo archivistico, un archivio fotografico e un fondo librario storico.
La visita del Museo evidenzia aspetti che vanno ben oltre l’importanza scientifica degli oggetti esposti, investendo anche significati storici, architettonici e artistici che sono stati considerati prioritari nelle operazioni di riordino e valorizzazione delle collezioni.
Tre postazioni video, una guida cartacea e una serie di schede di approfondimento prendono spunto dagli oggetti per raccontare avvincenti storie scientifiche e umane, aiutando a comprendere la storia delle collezioni e il loro significato oggi, anche come patrimonio in beni culturali.
Il Museo della frutta “Francesco Garnier Valletti”
Il Museo presenta la collezione di mille e più «frutti artificiali plastici» modellati a fine Ottocento da Francesco Garnier Valletti, di proprietà della Sezione operativa di Torino dell’Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante di via Ormea 47.
Attraverso la ricostruzione dei laboratori d’analisi, delle sale della collezione pomologica, della biblioteca, dell’ufficio del direttore della Stazione di via Ormea con i loro arredi originali, valorizza il suo prezioso patrimonio storico-scientifico. Ne segue le vicende – dalla costituzione della Stazione di Chimica Agraria nel 1871 ad oggi – nel contesto di un aspetto poco noto della storia della città: l’evoluzione della ricerca applicata all’agricoltura a Torino tra Otto e Novecento.
Cuore e centro del Museo è la sua straordinaria collezione pomologica, costituita da centinaia di varietà di mele, pere, pesche, albicocche, susine, uve … acquisita tra il 1927 e il 1935, finalmente esposta al pubblico dopo essere stata accuratamente restaurata e studiata, offrendo anche l’opportunità di conoscere la vita e l’opera di Francesco Garnier Valletti, nato a Giaveno nel 1808 e morto a Torino nel 1889, geniale ed eccentrica figura di artigiano, artista, scienziato.
Un tuffo nel passato che costituisce anche l’occasione per riflettere sul tema, attualissimo, della biodiversità.