Il 2024 segna il quarto centenario della nascita di Guarino Guarini (1624-83). Il calendario delle celebrazioni mette in luce la difficoltà a mantenere vivo un legame tra il pubblico e l’opera di questo “grande europeo” (così lo definì Paolo Portoghesi), protagonista difficile e tormentato del barocco internazionale.
Si è mossa per tempo Modena, che al Guarini ha dato i natali: un seminario promosso dalla Fondazione Architetti della Provincia di Modena ed una mostra all’Archivio di Stato hanno ricordato, nel marzo scorso, il legame biografico dell’architetto con la città padana e il suo progetto per il locale convento dei teatini (ne resta traccia in un bel giornale di mostra).
A Torino, dove Guarini ha svolto la parte decisiva della sua carriera realizzando le opere più importanti, il bilancio è per ora più incerto: solo a fine 2023 si è riunito, sotto la guida del direttore dell’Archivio di Stato Stefano Benedetto, un comitato nazionale, che ha promosso un primo anno di ricerche e studi, culminate in un seminario itinerante organizzato dal Centro internazionale di studi Andrea Palladio. Il comitato ha prudentemente affidato al 2025 una serie d’iniziative pubbliche, che ci riserviamo di annunciare più avanti.
Nel frattempo, alcuni seminari e conferenze (tra cui l’incontro modenese di marzo) sono stati promossi anche dal “Guarini 400 working group”, un sodalizio di studiosi formatosi nel 2022; anche tali iniziative, però – e questo è un autodafé, dato che del gruppo, e del comitato, fa parte chi vi scrive -, sono restate confinate all’etereo mondo degli studiosi e di pochi super-selezionati allievi.
Non molto più roseo, nell’attesa di alcune novità editoriali promesse per il 2025, è il panorama delle pubblicazioni: due libri, all’insaputa l’uno dell’altro, hanno puntato alla celebrazione congiunta di Guarini e Portoghesi ristampando entrambi lo scritto che nel 1956 il giovanissimo e geniale Portoghesi dedicò all’architetto teatino. Si dirà più sotto del perché riteniamo questo doppio omaggio un parziale fallimento.
A riempire il vuoto ci ha pensato la storia locale: L’ultimo Guarini? di Matteo Enrico (Atene del Canavese, 2024, 20 €) (LINK) è un bel libro, inatteso ed indipendente, quasi autoprodotto, in cui si racconta la storia di una piccola chiesa di campagna, la Madonna di Loreto a Montanaro, di cui Guarini potrebbe avere dato il progetto poco prima di morire. Il condizionale, nell’attribuirgli l’opera, è d’obbligo, e lo ammettono gli stessi autori. Ma a noi interessa sottolineare che delle duecento pagine del libro non una è di troppo, e che per raccontare ai lettori una piccolissima architettura, l’autore ha dovuto consultare decine di archivi, riunire altri studiosi, considerare i restauri, i documenti perduti, i furti degli arredi, la storia orale, le memorie locali e quelle della corte.
Se un santuario di paese dove Guarini non ha mai neppure messo piede si presenta così complesso, come affrontare la lettura della cappella della Sindone,(LINK) di una chiesa di San Lorenzo, (LINK) o di palazzo Carignano,(LINK) costruzioni sperimentali, frutto di lavori di progettazione durati anni, ai vertici della produzione architettonica del tempo? La semplificazione, se applicata a Guarini, impoverisce, inganna, e infine fallisce. Non perché il colpo d’occhio, la sorpresa del primo momento, entrando nei suoi edifici, non siano spettacolari: ma perché, come accade per Also sprach Zarathustra di Strauss, allo squillo iniziale di tromba deve seguire il poema sinfonico, pena la riduzione dell’architettura a un jingle pubblicitario.
Quello che rende Guarini difficile oggi non è la “sregolatezza” di cui si lamentava Francesco Milizia, ma la pazienza e l’attenzione richieste a chi vuol provare a decifrarlo. Ho chiesto a ChatGPT perché Guarini è stato importante, e sono stato servito con quattro frasi suadenti e sicure. Non ne sono soddisfatto. A Guarini non si addice una bullet list, ma un ipertesto.
In effetti, in questo quattrocentesimo anno, la migliore chiave d’ingresso alla sua personalità è il sito che gli ha dedicato la storica dell’architettura Susan Klaiber, che lo studia da una vita. Denso di scritti e collegamenti verso libri, disegni, architetture, mostre e lectures, si tratta di un’opera aperta, dove sviluppare un problema non significa risolverlo ma “chiarirne i termini in modo da renderne possibile una discussione più approfondita” (Umberto Eco). A dispetto del progressivo deterioramento della nostra capacità di spiegarla, quella di Guarini è davvero un’architettura barocca.
Ottima idea quella di commemorare, nel quarto centenario di Guarini, l’opera di Paolo Portoghesi (1931-2023), iniziata proprio con un saggio dedicato all’architetto modenese, mai ristampato finora. Ma è deludente e sconcertante il risultato, innanzitutto per la simultanea pubblicazione, per mano di due diversi curatori, di due ristampe quasi identiche. Come in un racconto di Borges, i due volumi, dal medesimo titolo, hanno in comune due saggi di Portoghesi, il Guarino Guarini del 1956 e Il linguaggio di Guarini del 1968-70, ma differiscono ciascuno per un terzo saggio. Non è dato sapere le ragioni della scelta (e, per ciascuno, della mancanza), dato che in entrambi i volumi spicca l’assenza di apparati critici, anche minimi.
Il volume di Gangemi, curato da Erio Carnevali, ha il pregio di associare, ai testi di Portoghesi degli anni ‘50 e ‘60, uno scritto ancora inedito e molto bello: l’introduzione al convegno d’inaugurazione della cappella della Sindone, nel 2018. Una seconda qualità sta nell’introduzione dello stesso Carnevali, che è brevissima. Manca, tuttavia, una cura almeno elementare della qualità delle immagini, sgranate e confuse, a fronte di un formato inutilmente grande e di un prezzo di copertina di ben 44 euro, circa sette volte il costo (attualizzato) del volumetto tascabile di Portoghesi del 1956: chiaro sintomo della difficoltà d’identificazione di un pubblico, e forse di una rinuncia a priori a raggiungerne uno.
Più accessibile per formato e costo, e più ambizioso, è il Guarino Guarini di Pendragon, curato da Guglielmo Bilancioni e arricchito di una sua ampia postfazione. Il saggio di Bilancioni, Guarini e Portoghesi: Cielo, Mondo e Architettura, mantiene ciò che annuncia il sincretico titolo: tra Yin, Yang, cubismo e fotismo, magnetismo ed autoportanza, Guarini e Portoghesi vengono fusi insieme in un abbraccio che annulla lo scarto temporale e culturale tra i due, e non fa luce sull’uno né sull’altro. Peccato. Conoscendo Portoghesi ed essendo anche noi stati soggiogati, più d’una volta, dal suo fascino, possiamo comprendere le ragioni degli autori, che lo hanno conosciuto e frequentato per decenni, ed il loro coinvolgimento affettivo. Ma dove sono gli editori di un tempo?
Per approfondire:
Paolo Portoghesi, Guarino Guarini, Electa, collana Astra-Arengarium, Milano, 1956, lire 400, pp. 80
Paolo Portoghesi, Guarino Guarini 1624-1683, a cura di Erio Carnevali, Gangemi, Roma, 2023, euro 44, pp. 112
Paolo Portoghesi, Guarino Guarini, a cura di Guglielmo Bilancioni, Pendragon, Bologna, 2024, euro 22, pp. 191
Autore: Edoardo Piccoli
Fonte: www.ilgiornaledellarchitettura.com 9 ottobre 2024
Immagini:
– La cupola ad archi intrecciati della chiesa di San Lorenzo a Torino
– San lorenzo, veduta della cupola dai tetti di Palazzo Madama
– Le volte della navata della chiesa dell’Immacolata Concezione a Torino
– Il santuario della Madonna di Loreto a Montanaro (To)
– Interno del santuario della Madonna di Loreto, Montanaro (To)