Sulle orme di Pietro e Paolo

Sono i locali sotterranei appena restaurati del quattrocentesco Palazzo della Cancelleria (che al termine dell’esposizione verranno adibiti ad Antiquarium degli scavi sottostanti l’edificio) a ospitare fino al 10 dicembre la grande mostra archeologica giubilare, che espone circa 150 reperti, dedicata agli apostoli “Pietro e Paolo. La storia, il culto, la memoria nei primi secoli”. La pertinenza di questa scelta a commemorazione dell’Anno Santo è evidente: Pietro e Paolo costituiscono le colonne portanti della chiesa delle origini e un approfondimento delle loro figure aiuta a riscoprire i significati originari del pellegrinaggio a Roma e le radici profonde della fede cattolica. La Roma dei primi secoli dell’era volgare è la città dove i due apostoli si fermarono per sostenere le neonate comunità cristiane e continuare l’opera di evangelizzazione, che si concluse con il loro martirio. La mostra si propone di seguirne le vicende, sia ricostruendo il tessuto storico, culturale e religioso in cui i due apostoli operarono, sia testimoniando la loro opera e i diffusi fenomeni di culto e devozione alla loro memoria, con le conseguenti ricadute in termini di arte, religione e sviluppo urbano della città tardo imperiale.Il punto di partenza del percorso espositivo testimonia, attraverso reperti di notevole bellezza e rarità, il potente influsso della cultura ebraica all’interno delle prime comunità cristiane come attestato dagli studi più recenti. Nella lastra funeraria di Calevius, conservata a Urbino, appaiono simboli ebraici e cristiani eccezionalmente insieme. Di particolare importanza è il grande sarcofago da vigna Rondanini (fine III secolo) con una menorah a rilievo sorretta da geni stagionali e vittorie alate. L’orizzonte si amplia con l’esame delle correnti filosofiche e dei credi religiosi diffusi a Roma tra il II e il IV secolo, quando al Pantheon pagano si affiancano culti misterici, dottrine orientali alla moda, credenze popolari, superstizioni e così via. Le opere esposte ritraggono divinità di vario genere, tra cui la statua del dio Arimanius rinvenuta in un mitreo di Ostia, il busto in bronzo di Giove Sabazio da Volsini, il disco bronzeo con il Sole invitto dal Palatino, oltre a numerosi amuleti contro il malocchio e maledizioni incise su tavolette in bronzo e in argento. Un’eccezionale serie di sarcofagi restituisce inoltre le credenze relative all’oltretomba, in gran parte ispirate a situazioni di pace e di serenità, con scene pastorali, lavori agricoli, dialoghi filosofici ma anche, in rari casi, testimonianze di amare delusioni dalla vita. La mostra entra nel vivo nelle sezioni successive interamente dedicate agli episodi salienti della vita di Pietro e Paolo e all’iconografìa delle loro figure. Qui abbiamo pezzi famosissimi e molto rari come il Sarcofago di Giona dei Musei Vaticani (fine III secolo) con la scena di " Pietro liberato dal carcere" , il papiro da Ossirinco del Museo Archeologico di Firenze (VI secolo) con la " Tempesta sul lago di Tiberiade" , un avorio di produzione imperiale dal Louvre con la " Negazione di Pietro" e diversi sarcofagi con storie relative ai due apostoli. Da non dimenticare anche i preziosi vetri dorati dei Musei Vaticani e un avorio del V secolo da Castellammare di Stabia con l’abbraccio tra Pietro e Paolo. Altri manufatti restituiscono più nel dettaglio le fisionomie dei due santi come furono codificate a partire dal III secolo. Anche in questo caso tanti i capolavori quali il San Paolo in bronzo da Comus (nei pressi di Cagliari), le lampade figurate dal Museo Archeologico di Firenze, alcune ampolle in argento, due icone lignee dai Musei Vaticani, la pisside in avorio dal Tesoro della Cattedrale di Pesaro e un paio di rilievi freschi di scavo dalle catacombe di San Callisto. La mostra si conclude con il culto dei due martiri nella storia, con la ricostruzione in plastici delle tre grandi basiliche costantiniane del IV secolo (San Pietro in Vaticano, San Paolo fuori le mura e la Basilica Apostolorum sulla via Appia, oggi San Sebastiano) e ancora pezzi d’eccezione come il pavone in bronzo dorato d’epoca adrianea utilizzato come cantharus (vasca per le abluzioni) nell’antica San Pietro e i grandi tondi affrescati da San Paolo scampati all’incendio del 1823. La mostra, realizzata dall’Associazione Meeting per l’amicizia fra i popoli di Rimini con i Musei Vaticani, è curata per la parte scientifica da Fabrizio Bisconti, Elena Cavalcanti, Angelo Donati e Paolo Liverani.

Autore: F.C.G.

Fonte:Il Giornale dell’Arte