ROMA. I MACCHIAIOLI. Le collezioni svelate.

A distanza di quasi dieci anni i Macchiaioli tornano al Chiostro del Bramante con la mostra “I Macchiaioli. Le collezioni svelate” (catalogo Skira).
La cura, come nel 2007 è di Francesca Dini che presenta il fenomeno sotto la lente d’ingrandimento delle collezioni formatesi fra ‘800 e ‘900, a partire dalle collezioni d’origine, degli amici, dei primi esegeti e interpreti, di imprenditori, uomini d’affari, mecenati, tutti amanti della nuova pittura italiana che stava emergendo. Collezioni che il tempo e gli eredi avrebbero in gran parte disperso. La pittura quella macchiaiola nasce dalle discussioni di un gruppo di artisti che alla metà dell’Ottocento si riuniva al Caffè Michelangiolo di Firenze.
Non solo fiorentini, ma tutti ugualmente intenzionati a contrastare l’insegnamento accademico con un occhio al rinnovamento della pittura in senso verista, al nuovo che veniva dalla Francia, l’altro al Quattrocento e al Cinquecento.
Il “movimento macchiaiolo”, il più importante e significativo movimento artistico italiano dell’Ottocento, viene costituito ufficialmente a Firenze nel 1855, ma la prima mostra è del 1862. E’ allora che un critico definisce la loro una pittura di “macchie”, in senso dispregiativo, non diversamente da quanto era avvenuto per gli impressionisti. Il gruppo fiorentino ebbe la leadership per una decina d’anni, ma a partire dagli anni ’80, fatta l’Unità, smorzati i furori della prima stagione rivoluzionaria, col venir meno della fiducia nella scienza positiva, i caposcuola macchiaioli, pur mantenendo fede al “vero”, tendono a sviluppare percorsi propri.
Centodieci le opere in mostra, quasi tutte di collezione privata, alcune inedite e rare. Come “Ponte Vecchio a Firenze” che Telemaco Signorini presentò all’Esposizione Universale di Parigi nel 1878, che chiude la rassegna, esposto nella sezione dedicata a Mario Borgiotti, grande competente e divulgatore dei Macchiaioli che lo ha recuperato nel mercato inglese. Non si vedeva da decenni (collezione privata).
Distribuite in nove sezioni, tante quante sono le collezioni di provenienza, rievocano nell’allestimento, nei parati, nei colori e perfino nelle didascalie il gusto delle case del tempo e dei loro abitanti. Che non a caso appaiono in gigantografie e in foto d’epoca e spesso nei dipinti degli amici pittori.
Ogni stanza una sezione intitolata al collezionista che talvolta è artista lui stesso, come il ricco mecenate Cristiano Banti. “Il Banti fu il mecenate di tuti noi” diceva Giovanni Fattori, uno degli artisti più seguiti dal collezionista. La sua “galleria privata”, di cui per primo scrive Adriano Cecioni, che andrà ad arricchire Palazzo Pitti, inizia nel 1862 quando acquista due dipinti di Fontanesi e “Le Monachine” di Vincenzo Cabianca.
In mostra “Il Ponte della Pazienza a Venezia” di Telemaco Signorini, il “Ritratto di Alaide Banti” dipinto dallo stesso collezionista, Fattori (ne aveva diciotto), Giovanni Boldini, Silvestro Lega. Sono simili a “predelle quattrocentesche” due incantevoli tavolette di Giuseppe Abbati “Bimbi a Castiglioncello” e “Stradina al sole”.
Diego Martelli, il critico che meglio di altri ha illustrato lo svolgersi della pittura moderna toscana, considerata al pari della pittura impressionista, che accoglieva gli amici artisti nella sua tenuta maremmana, aveva una collezione di ben 92 quadri oggi vanto della Galleria di Palazzo Pitti. In mostra solo pochi pezzi fra cui di Giuseppe Abbati un disegno e il Ritratto di Teresa Fabbrini Martelli, compagna del grande critico.
Riccardo Carnielo pittore, scultore e collezionista di origine trevigiana, fu uno dei primi collezionisti dei Macciaioli di cui fu molto amico, soprattutto di Fattori che a lui dedicò “Cavalleggeri in vedetta” in mostra. La familiarità con l’ambiente e una certa agiatezza, aveva sposato la marchesa Virginia Incontri, gli permisero di acquistare opere importanti. Alcune di queste sono esposte. Fra cui di Lega il Ritratto di Carnielo (giovane, romantico e scapigliato) e il “Ritratto di Beppe Abbati” dipinto da Boldini nel proprio studio. Alla morte dell’artista venne comprato da Odoardo Borrani e regalato all’amico Carnielo.
Era un imprenditore attivo nel settore farmaceutico innamorato della bellezza Edoardo Bruno, amante del teatro, della letteratura, della musica e dell’arte che trasmise alle figlie. Cresciuto nella Firenze dei Macchiaioli ne ha collezionato le opere. Le notizie su di lui sono poche, manca un catalogo della raccolta, ma sappiamo che era ricca di capolavori. Di Borrani “Cucitrici di camicie rosse”, testimone del momento eroico del Risorgimento, e le grandi tele maremmane di Fattori, “Marcatura dei cavalli in Maremma”, “Incontro fatale”, “Butteri e mandrie in Maremma” e di Niccolò Cannicci “Le gramignaie al fiume”, un’opera dalla tavolozza argentata di grande formato e bellezza, acquistata dalla Cassa di Risparmio di Firenze nel 1989.
E poi ci sono le collezioni di Mario Galli, più che un collezionista (non disponeva di finanze adeguate), un mercante–amatore che comprava e rivendeva a collezionisti più ricchi, come Giacomo Jucker. Per le sue mani sono passati quadri straordinari come “Ciociara – Ritratto di Amalia Nollemberg”, la giovane amante di Fattori, mai esposto prima. E ancora la collezione di Enrico Checcucci con Raffalello Sernesi, Vito D’Ancona, Fattori, Boldini, che si estendeva ai documenti, ai disegni, alle lettere, alle caricature e la collezione di Camillo Giussani, umanista, giurista, sportivo, banchiere che non si limita a collezionare Macchiaioli e italiani.
“Le stanze delle meraviglie” sono in casa del mecenate fiorentino Gustavo Sforni, i cui interessi spaziano dall’antico al moderno, dall’Occidente all’Oriente, alla pittura dei contemporanei, di Ghiglia, di Mario Puccini, di Llewlyn Lloyd. E’ amico di Oscar Ghiglia che con lui pubblica nel 1913 un lussuoso volume dedicato a Giovanni Fattori, appena scomparso, di cui colleziona dipinti di piccolo formato. E di Ettore Petrolini che gli dedica un’ironica filastrocca perché appendere un quadro per lui era come il varo di una nave. “Che terribile sventura collocare la pittura”, scrive Petrolini.

Info:
Chiostro del Bramante, Via Arco della Pace 5, Roma.
Orario: tutti i giorni 10 – 20, sabato e domenica 10 – 21. Fino al 4 settembre 2016.
tel. 06-91650845 e www.chiostrodelbramante.it

Autore: Laura Gigliotti

Fonte: www.quotidianoarte.it, 30 mar 2016