Sono veramente una rarità i 47 disegni su carta preparata dalla tonalità rosata di Jacopo Carucci, conosciuto con il nome di Pontormo dalla località Pontorme nel comune di Empoli dove nacque nel 1494 (morirà nel 1556). L’artista che si confronta con i grandissimi Raffaello, Andrea del Sarto, Bronzino, Vasari, allievo di Leonardo e Michelangelo, frequentava il Giardino di San Marco dove Lorenzo aveva raccolto la sua collezione di sculture antiche per educare i giovani artisti.
In mostra, “di mano di Jacopo da Puntorme” (annota il pittore), disegni, studi anatomici, studi di acconciatura, studi di putto, studi per un figura allegorica, schizzi di figura, studio per il San Giovannino e per la Madonna col Bambino e santi della Pala Pucci, Lunetta di Santa Cecilia, San Cristoforo, San Gerolamo, Madonna col Bambino (l’unica opera acquistata). Sono fogli talmente fragili che è sconsigliato il prestito per mostre temporanee e quindi poco conosciuti, quasi inediti, a parte per gli studiosi e gli addetti ai lavori. Conservati presso l’Istituto centrale per la grafica, sono esposti per la prima volta nella loro interezza nelle sale a pianterreno della Calcografia, a due passi da Fontana di Trevi. In questo periodo particolare di grande via vai nel centro storico, potrebbero rappresentare l’occasione per un momento di sosta, di riflessione, un modo per entrare in contatto con la bellezza.
Interessantissima la loro storia. Ad eccezione di uno, acquistato dal Gabinetto Nazionale delle stampe nel 1913, tutti i disegni provengono dalla Collezione Corsini, un tempo a Palazzo Corsini alla Lungara, oggi Galleria Corsini. La Biblioteca Corsini, dove i disegni venivano conservati incollati ai volumi, venne donata da papa Clemente XII Corsini al nipote Neri Maria nel 1733. Ampliata per oltre un secolo dai discendenti della potente famiglia fiorentina, il principe Tommaso Corsini nel 1883 la donò all’Accademia dei Lincei e una decina d’anni dopo, per l’interessamento dello storico dell’arte Adolfo Venturi, una parte notevole dei volumi che contenevano disegni e stampe andò a formare il nucleo originale del Gabinetto Nazionale delle Stampe istituito nel 1895 per la conservazione e lo studio delle opere grafiche. Ed è dall’unione del Gabinetto Nazionale delle Stampe e della Calcografia Camerale pontificia che nel 1975 nasce l’Istituto Nazionale per la Grafica, denominato nel 2014 “Istituto Centrale per la Grafica” (ICG).
La mostra, presenta tutti i fogli con i disegni realizzati da Pontormo a “sanguigna”, in combinazione con “lumeggiature a gesso” e a “pietra nera”.
Di questi, 18 sono disegnati anche sul retro, ma non essendo possibile per ragioni di conservazione l’esposizione a bandiera (la carta è tropo sottile), del verso viene esposto il facsimile montato con un passpartout e incorniciato. Fra originali, presentati nelle bacheche, e facsimili del verso appesi alle pareti, sono in mostra tutte le opere di Pontormo. Un numero notevole, che in ragione della loro fragilità sarà difficile rivedere dal vero in un prossimo futuro. Dovranno passare almeno una decina d’anni, dice Mario Scalini, direttore dell’Istituto, che insieme a Giorgio Marini, responsabile del gabinetto disegni e stampe e a Alessandro Cecchi, direttore di Casa Buonarroti a Firenze, ha curato la rassegna (catalogo Allemandi).
La raccolta comprende un nucleo di 23 disegni, giunti sparsi, che fanno parte del cosiddetto “Taccuino Corsini” identificato negli anni Ottanta da una studiosa americana e confermato dagli ultimi studi. Si tratta di una specie di blocco notes in cui annotare idee e progetti che l’artista teneva con sé a uso personale, una sorta di diario intimo, non solo una raccolta di modelli. Una serie di fogli, tutti della stessa dimensione, cuciti insieme a formare un volumetto, come si evince dagli invisibili passaggi del filo di cucitura, e dalla gora d’acqua che si ripete sempre identica e si attenua via via indicando la sequenza, precisa Gabriella Pace, responsabile del laboratorio di restauro delle opere d’arte su carta dell’Istituto. Un libro aperto sugli aspetti tecnici e metodologici, sul modo di lavorare dell’artista, dai primi scarabocchi agli ultimi ritocchi. Pontormo ha la consapevolezza del proprio lavoro, risente dell’influenza stilistica di Leonardo, “ma lo fa prendendo la polvere di pietra rossa che diluisce sul foglio”.
Il taccuino consente di vedere come operava un artista autonomo del manierismo che guardava a Michelangelo, che era per lui la luce, ricorda Scalini. Un taccuino prezioso, un “unicum”, prosegue. Ci sono rimasti i taccuini medievali, ma non quelli cinquecenteschi che sono stati smembrati preda del collezionismo vorace. Questo invece ha avuto la fortuna di rimanere unito e di passare agli altri artisti fiorentini del Cinquecento e agli allievi come Bronzino.
Immagini:
1) Madonna con il Bambino e san Giovannino, 1514-1515 sanguigna (pietra rossa) su carta vergata avorio mm 345 x 265;
2) Studio preparatorio per la lunetta con Santa Cecilia, 1516-18/1519 sanguigna (pietra rossa) e lumeggiature a gesso su carta vergata avorio, mm 230×400;
3) San Cristoforo, 1519 – 1522 sanguigna (pietra rossa) e tracce di gesso su carta vergata avorio, mm 410×261;
4) Studio per il ritratto di Piero de’ Medici, 1519sanguigna (pietra rossa) su carta vergata avorio mm 280 x 195.
Info:
Istituto centrale per la grafica, via della Stamperia 6, Roma.
Orario: martedì – domenica 10.00 – 18.00, fino al 20 marzo 2022.
Autore: Laura Gigliotti
Fonte: www.qaeditoria.it, 23 dic 2021