Notoriamente rivali in tutti i campi, Milano e Torino non potevano che entrare in competizione anche nel ricordare la figura e l’opera di Renato Guttuso (1912-1987). E l’hanno fatto con tale puntualità che l’apertura pressoché contemporanea di due importanti esposizioni, alla milanese Fondazione Mazzotta il 27 gennaio, e il 18 febbraio prossimo (fino al 29 maggio) al Palazzo Bricherasio di Torino, sembra giungere al culmine di una ambiziosa contesa su quale delle due città renderà migliore omaggio al pittore che fu così eminente e controverso protagonista della vita politica e culturale italiana durante la Prima repubblica.
In questo caso, inoltre, il confronto si impone, visto che una “Guttuso card” agevolerà la visita di ambedue le mostre. Nelle sale di foro Buonaparte (Milano) si potrà ammirare la straordinaria collezione dell’industriale Francesco Pellin, che annovera tra l’altro alcune fra le più intense e coinvolgenti nature morte dipinte dal Guttuso espressionista (alla Van Gogh) e postcubista degli anni Quaranta.
77 dipinti e 47 disegni (realizzati tra il 1931 e il 1986) che costituiscono la più rilevante raccolta privata di opere pittoriche di Guttuso attualmente esistente.
Collezioni pubbliche e private, dunque, per una completa visione dell’opera di uno dei protagonisti dell’arte italiana del Novecento, grazie ad una riuscitissima sinergia culturale tra le due Fondazioni.
E’ stata anche realizzata una “GUTTUSO CARD”, che permetterà l’entrata con biglietto ridotto nelle sedi delle due mostre.
Nella rassegna torinese, curata amorevolmente da Fabio Carapezza, saranno invece esposti ben più consistenti capolavori di grande formato che hanno segnato la maggior fama dell’artista a partire dagli anni Trenta, quando, siciliano povero in canna ed emigrato da poco “in continente”, egli dipingeva la sua drammatica Fuga dall’Etna quasi a commento visivo della coeva Conversazione in Sicilia scritta da Elio Vittorini.
E si vedrà anche la famosa Crocefissione del 1941, che vinse il premio Bergamo sotto gli auspici del fascismo frondista di Giuseppe Bottai, oltre alle grandi opere che nel secondo dopoguerra accreditarono l’immaginario del “comunismo all’italiana” di cui Guttuso fu un accanito sostenitore: basti pensare alla Occupazione delle terre (1945), alla Battaglia di Ponte dell’Ammiraglio (1951), alla Zolfara (1953), alla Spiaggia (1955), ai Funerali di Togliatti (1972) per avere idea della poetica realista che fu propria del pittore e della sua ambizione ideologica a disegnare il volto nazionalpopolare della società italiana uscita dalla guerra (perfino l’amico Maccari lo provocava chiamandolo argutamente “Il Tribuno illustrato”).
In vita sua Renato Guttuso non fu mai uomo delle mezze misure: e per le scelte estetiche e politiche compiute suscitò tali consensi e contrasti che i molti onori raccolti sono pari almeno alle discriminazioni che la sua opera nel tempo ha dovuto subire. Solo adesso l’immagine diffusa dell’uomo di potere, il mito del “passionale mediterraneo” sembrano per fortuna cedere il passo a una considerazione storica di più equanime revisionismo. E le 160 opere di Guttuso accuratamente selezionate nelle mostre di Milano e Torino hanno il merito di sintetizzare uno straordinario “diario in pubblico” dipinto non solo per esibire grandezze e miserie di un’esistenza individuale ma soprattutto per commentare visivamente una certa autobiografia della nazione che ancora oggi mantiene il suo valore espressivo.
Guttuso è stato per più di cinquant’anni uno straordinario testimone del nostro tempo, in grado di rappresentare con le sue opere, ma anche con i suoi scritti, la condizione umana con le sue sofferenze, i suoi miti, le sue passioni, politiche e private.
Ripercorrerne l’arco creativo, documentando i diversi movimenti artistici di cui fu protagonista, spesso scomodo, e le accese polemiche che sempre lo animarono, può offrire ai visitatori l’opportunità di confrontarsi con un artista che aveva un’idea forte della funzione dell’arte nella società, una concezione che oltrepassava le mura dello studio.
Per capire Guttuso non basta vedere le sue opere (di cui alcune sono divenute vere icone dell’arte europea), ma è fondamentale poter approfondire la sua straordinaria capacità di intessere rapporti con altri artisti, anche impegnati in discipline diverse.
Scrittori come Moravia, scultori come Manzù, che gli dedicò il monumento funebre dove è sepolto, musicisti come Nono, poeti come Pasolini, Montale, Neruda grandi maestri della pittura come Picasso, Sutherland, ebbero con lui rapporti di feconda collaborazione artistica da cui sono nate illustrazioni per libri, scenografie, sodalizi talvolta sviluppatisi in movimenti artistici.
E sarà questo uno dei principali aspetti che la mostra consentirà di approfondire grazie alla collaborazione degli Archivi Guttuso che metteranno a disposizione il prezioso materiale documentario, in gran parte inedito. Sarà possibile vedere il film documentario di Giuseppe Tornatore e gli inediti filmati messi a disposizione dall’Istituto Luce.
Guttuso, che visse principalmente tra Milano, Roma e Palermo, ebbe importanti rapporti con i principali esponenti della cultura torinese: Carlo Levi, con il quale scambiò lettere ed opere fin dai tempi del confino; Natalino Sapegno, amico fraterno che fu vicino a Guttuso fino agli ultimi giorni; Cesare Pavese, per il quale illustrò romanzi; Norberto Bobbio, che l’ha sempre ricordato nei suoi articoli. Grazie alla collaborazione della Casa Editrice Einaudi, sarà documentata l’intensa attività intrattenuta con Guttuso, attraverso i libri illustrati e la corrispondenza intercorsa con Giulio Einaudi.
L’esposizione prevede inoltre due sezioni: una dedicata al disegno, attività nella quale Guttuso fin dagli anni trenta fu considerato un maestro; l’altra al teatro musicale nella quale saranno esposti bozzetti e figurini dell’artista, corredati da fotografie di scena e locandine.
Info e prenotazioni:
Aimar Alessandra, ufficio gruppi – Palazzo Bricherasio
Tel. 011 – 5711807 Fax. 011 – 5711850
QUANTO COSTA
A quasi vent’anni dalla morte quanto “valgono” i quadri di Renato Guttuso? Nel novembre scorso gli Uffizi di Firenze hanno acquistato, in un’asta della Farsetti, la celebre Battaglia di Ponte dell’Ammiraglio (1951-52) per 750 mila euro.
In maggio, sempre presso Farsetti, Il mangiatore di spaghetti (1956) è stato battuto per 171 mila euro. E Scilla (1950), in un’asta di Christie’s, per 91 mila euro.
Autore: Duccio Trombadori
Fonte:Panorama.it