Dopo un anno di lavori la Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia riapre al pubblico. Venerdì 1 luglio torna accessibile un’istituzione di livello nazionale – che conserva tra le altre il maggior numero di opere al mondo del Perugino, ben 23 (di cui 15 esposte) – con un nuovo percorso espositivo all’interno di Palazzo dei Priori, dove convive con l’amministrazione comunale. Fedele alla sua storia e al contempo proiettata verso il futuro, la Galleria Nazionale ha messo a frutto la sua esperienza nella conservazione del patrimonio e della capacità di fare rete, guardando anche alla sostenibilità ambientale con un contributo significativo dal Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza.
Due le novità di maggiore rilievo del nuovo allestimento della galleria, che vanno a valorizzare una collezione di opere straordinarie, da Gentile da Fabriano al Beato Angelico fino a Piero della Francesca. La prima consiste nella creazione di due sale monografiche dedicate al più grande maestro umbro, il Perugino, su cui il prossimo anno saranno incentrati una serie di eventi celebrativi per il cinquecentenario dalla nascita nell’ambito di Perugino500. Al secolo Pietro di Cristoforo Vannucci, l’artista – “il meglio maestro d’Italia” per il grande imprenditore quattrocentesco Agostino Chigi – si vede oggi dedicare due spazi ordinati e chiarissimi al posto dei precedenti sette ambienti: al terzo piano c’è una sala dedicata agli esordi e alla prima maturità – gli anni in cui si crea il suo “book” per approdare da affermato alla Cappella Sistina – e al piano inferiore quella con le opere più significative degli ultimi venti anni di attività, con tanto di affresco appena restaurato con un contributo di Generali. La seconda è invece una vera apertura al contemporaneo, nel rispetto di un ritratto completo dell’arte umbra: la GNU, che conserva in prevalenza dipinti sacri dei secoli dal XIII al XVIII, riserva infatti l’ultima sala ad artisti umbri contemporanei come Gerardo Dottori, di cui è esposto Tramonto lunare, Alberto Burri, di cui sono presenti il cellotex Bianco Nero del 1971 e (in comodato per cinque anni) Nero, e Leoncillo.
L’essenziale allestimento – firmato da Daria Ripa di Meana e Bruno Salvatici con il supporto di Maria Elena Lascaro e finanziato per 5 milioni dal Fondo Sviluppo e Coesione nel 2016 (consideriamo che lo GNU è il primo a finire i lavori del gruppo di istituzioni scelte allora) – offre ai visitatori una fruizione diretta e intuitiva delle opere, poste nelle 39 sale in ordine cronologico-tematico. Tra le novità, l’inserimento di lavori recentemente acquisiti o recuperati dai depositi, fino a comodati fortuitamente recuperati come i disegni preparatori dell’Adorazione dei pastori di Perugino, arrivati da due fratelli eredi di una collezionista di Gubbio e recuperati da polverose cornici e rotoli d’oltreoceano. A integrazione della visita c’è il progetto multimediale curato da Magister Art, con approfondimenti inediti su parte del patrimonio museale come i sette monitor “alla Mondrian” che riprendono i dettagli della straordinaria Pala di Santa Maria dei Fossi di Pinturicchio, cui si sommano due quadri “musicali”, con accompagnamento tratto direttamente dalle opere, un nuovo bookshop dove a breve approderà il nuovo catalogo dello GNU edito per i tipi di Silvana, una guida-gioco per bambini con la Pimpa di Altan, un laboratorio di restauro, un’aula didattica e infine una grande biblioteca (già esistente ma non aperta al pubblico) con quasi 30mila testi sulla storia del museo e la sua collezione, all’interno della Sala del Grifo e del Leone concessa dal Comune.
“L’impostazione del nuovo allestimento nasce dall’esigenza di rendere il museo più accogliente”, racconta Marco Pierini, da sette anni direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria. “Ora si parla spesso di accessibilità, ma non è la stessa cosa. Accogliente è un concetto più ampio: significa che il percorso deve essere logico e comprensibile, l’apparato educativo deve essere chiaro… e poi le sedute devono essere comode! Prima erano penitenziali, ora abbiamo dei divanetti dove ammirare i soffitti affrescati o – recuperando una loggia con vista sulla città – riposarsi e apprezzare il luogo in cui si è”. Per questo motivo di leggibilità, la collezione esposta è stata snellita, “siamo passati da 260 a 220 opere, con 80 già pronte in deposito per sostituire gli spazi bianchi dei prestiti futuri, così da non avere più pareti con laconiche didascalie. Due sono già sostituti per via dei prestiti alla grande mostra sui Montefeltro, ma non si vede”. Il cuore del nuovo allestimento, spiega Pierini, “è la conservazione. Abbiamo installato finestre che filtrano i riflessi solari, abbiamo optato per colorazioni parietali grigio perla o sabbia (là dove ci sono già degli affreschi) – una scelta molto apprezzata da Brunello Cucinelli, membro del CdA e promotore del restauro del Duomo di Perugia – , abbiamo tolto la ceratura al pavimento in cotto di Orvieto per non avere più bagliori, ma soprattutto… ci sono delle incredibili basi per le opere che ci siamo inventati da zero”. Per le opere grandi e medie – 72 in totale, escluse quelle molto piccole e quelle in vetrina – sono state infatti create con l’architetto beneventano Riccardo D’Uva, della ditta Arguzia, delle piattaforme espositive mobili con ruote invisibili e un’anima in alluminio: “Così opere anche enormi si possono staccare dal muro senza coinvolgere chissà quali e quanti esperti da tutta Italia, lasciando dietro di sé lo spazio per la pulizia e l’osservazione del retro grazie a un supporto a pantografo. Faremo delle visite apposta per mostrare il retro delle opere, che torneranno parte del patrimonio”, anticipa Pierini, mentre in dieci secondi estrae un’opera dalla sua posizione e in altrettanti la rimette al suo posto.
Una metafora più ampia dell’agilità di un museo, questo, che sta investendo tutto sull’apertura e il coinvolgimento dei giovani, a partire dalla popolare campagna social legata all’hashtag #artedellirriverenza che ha coinvolto profili come Taffo, Dio e Lercio: “É il nostro primo pubblico”, racconta il direttore. “Per loro ci apriamo ai concerti di Umbria Jazz, al rock di Umbria che spacca, persino alla classica del Trasimeno Music Festival. Quando sono arrivato, ero il più giovane al museo, ora sono il più vecchio”, dice con orgoglio Pierini, che ha anche voluto degli interventi contemporanei per restituire ai due piani del museo la sua identità storica. Oltre al recupero delle torrette del Duecento (attorno a cui lo stesso Palazzo dei Priori era stato edificato), sono le “incursioni” contemporanee a dimostrare l’afflato di ampio respiro della “nuova” Galleria: due interventi, uno di Vittorio Corsini che ricostruisce l’altare e le vetrate dei Santi Costanzo e Vincenzo nella cappella consacrata nel museo, e l’altro una grande timeline di Roberto Paci Dalò con grafite acquarellata che narra la storia della città e del museo. Un legame indissolubile, quello tra istituzione e Comune, che vive tra le pareti di un Palazzo unico, e che promette di restare molto a lungo un punto di riferimento per la città: “I perugini sentono il museo come una casa. Siamo felici di restituirgliela”.
Autore: Giulia Giaume
Fonte: www.artribune.it, 30 giugno 2022