In gran segreto arrivano, osservano i restauri fatti negli anni passati, studiano la situazione generale di quanto scavato a Ercolano; poi, vanno via. Gli americani del Packard Humanities Institute, la fondazione per la cultura dell’azienda statunitense di elettronica presieduta da Dave Woodley Packard, stanno raccogliendo tutti i dati preliminari ai progetti di recupero e restauro dell’intera città che partiranno, forse, gia dal prossimo gennaio. Dopo quasi un anno di contatti e incontri è stato, difatti, finalmente firmato il protocollo d’intesa tra la fondazione filantropica statunitense e la Soprintendenza archeologica di Pompei per il completo recupero degli scavi di Ercolano (cfr. Il Giornale dell’Arte n. 192, ott. 2000, p. 1). “Non si tratta di una, sponsorizzazione, precisa il soprintendente Pietro Giovanni Guzzo, ma di un rapporto nuovo in cui la Soprintendenza pompeiana farà da pilota per eventuali interventi in altri siti”. In una primissima fase il piano prevede interventi d’urgenza e il restauro di una tra le più interessanti dimore ercolanesi, la casa di Galba. Gli interventi immediati saranno rivolti sia al puntellamento dei muri delle case (i cedimenti sono frequenti e sempre più vasti), al fine di garantire la sicurezza dei percorsi, sia a una pulizia generale della città le cui pitture, mosaici e statue subiscono la corrosione provocata dagli escrementi depositati da centinaia di piccioni. In un secondo tempo si potrebbe concretizzare un progetto ancora più vasto che porterebbe, tra le altre cose, anche alla definitiva messa in luce di Villa dei Papiri, la grandiosa dimora dei Pisoni già identificata a metà del ‘700 e tuttora sepolta sotto metri di lava, che ha restituito circa 2mila rotoli carbonizzati in fase di decifrazione e di restauro.“Parlando con Packard, uomo di grande cultura classica” commenta Antonio De Simone, l’archeologo che nel decennio passato e stato il responsabile del recupero di una vasta area dell’antica città vesuviana, “ho avuto la sensazione che il gioiello dell’operazione, in termini di conoscenza del mondo letterario antico, sia appunto il recupero di Villa dei Papiri. Occorre, però, che il quadro delle spese sia efficace, veloce e operativo, tenendo conto di chi su Ercolano ha acquisito competenze specifiche”.Per il filologo Marcello Gigante tra i massimi esperti dei papiri ercolanesi la vera emergenza è “quella della dimora dei Pisoni, visto che l’acqua la sta sommergendo. Perché se è vero che quando una casa sta per cadere deve essere restaurata, è anche vero che quello che è stato portato alla luce della villa dei Papiri dev’essere protetto e salvaguardato. Ercolano tradizionalmente è la sorella povera di Pompei, ma se recuperata e ancora indagata non le è seconda per interesse scientifico e per bellezza. Figurarsi cosa potremmo offrire al mondo intero se recuperassimo i papiri ancora sigillati nel fango”. Riguardo ai fondi che l’Istituto americano renderà disponibili, non ci sono ancora dati certi; le prime indiscrezioni sull’accordo parlavano di somme illimitate, qualunque cifra, e per tutto il tempo necessario, pur di raggiungere l’obiettivo prefissato. Di sicuro per questa prima tranche di lavori i soldi non mancheranno: il denaro dovrebbe arrivare tramite la Pmg (un gruppo internazionale di controllo gestione) che eserciterebbe anche la supervisione sui costi e sui lavori realizzati. A quanto è dato sapere fino a questo momento le ipotesi di lavoro prevederebbero che lo studio globale dell’esercizio fosse diviso in sei tranche (tante quante sono le insulae cittadine) con interventi analitici da affidare ad altrettanti istituti di ricerca o Università italiane. Un comitato scientifico, che comprenderebbe il soprintendente di Pompei Pietro Giovanni Guzzo, Stefano De Caro, soprintendente archeologo di Napoli, Paul Zanker, direttore dell’Istituto archeologico germanico di Roma e Herman Geertmann, responsabile della Scuola archeologica olandese, garantirà la scientificità degli interventi che sul campo saranno seguiti da Maria Paola Guidobaldi, attuale direttore dell’area.
Autore: Carlo Avvisati
Fonte:Il giornale dell’arte