Dentro, un gioiello di fine Ottocento che agonizza. Aspettando i tavolini e le botteghe che verranno, l’erba cresce sulle pareti cariche di stucchi e candelieri in bronzo. I vetri delle volte sono mediamente squarciati, i sotterranei con le insegne d’epoca mostrano infissi sventrati, attraverso i quali c’è la distesa di rifiuti che nessuno ha rimosso, arredi di ex comitati elettorali che a loro volta erano uffici comunali e postali, poi qualunque altra cosa chiusa e lasciata lì.
A mezzogiorno, un giovane dal passo instabile ondeggia nella Galleria deserta, trova un angolo e fuma la sua dose, lo sguardo
perso nel vuoto, destino analogo a questo monumento con un grande passato e senza un presente decoroso, del futuro neanche a parlarne. Fuori, sorto gli ampi portici, c’è in agguato la scena più penosa: è la passeggiata dei Miasmi.
Le esalazioni di un glande orinatoio all’aperto. Croce per migliaia di cittadini costretti a deviare il percorso, pessima sorpresa per quei turisti che escono dal Museo Nazionale e si imbattono nella baraccopoli per clochard ed extracomunitari allestita all’esterno delle Galleria. Letto, cucina, bagno, coperte e bottiglie vuote, tutto concentrato tra cartonie transenne, sotto i portici di via Pessina.
La Galleria Principe in una mattinata di fine agosto, ieri. Altra fotografia dell’incuria che corrompe un patrimonio, allontana i cittadini dai ‘loro’ luoghi. E ammorba l’aria, in tutti i sensi. Dopo Molosiglio, Repubblica visita un’altra delle passeggiate possibili cancellate di fatto da abbandono e mancanza di igiene.
La luce che filtra dalle volte-gioiello illumina impietosamente gli angoli sbrecciati, le coltivazioni selvatiche maturate in cima tra gli stucchi, gli avvallamenti che rendono l’intero calpestio insicuro d’estate e impraticabile d’inverno. La Galleria minore di Napoli è sempre stata la ‘cenerentola’ dei monumenti, asimmetrica con i suoi tre bracci, svuotata quasi di ogni attività e dunque di fatto consegnata alle vite e ai gesti di chi vive ai margini. Toccò
al regista inglese Anthony Minghella farle vivere qualche giorno di gloria, otto anni fa: conquistato dagli arredi in legno e dalle insegne decò, nel 1998, girò alcune scene di ‘Il talento di MrRipley’, era appunto girato nell’Italia dei ’50, pare fosse sorpreso di vedere un brano del centro storico sottratto
all’alluminio e alle tante incrostazioni di cemento.
Mille petizioni da parte di cittadini e negozianti — nella zona impreziosita dall’Accademia e dal teatro Bellini, luoghi ideali cui raccordare la passeggiata in Galleria— non hanno sortito effetti. Due anni fa, dopo l’ennesimo crollo di calcinacci e la chiusura temporanea di uno dei tre accessi, dal Comune spiegarono che «la più raffinata delle gallerie napoletane» avrebbe vissuto presto una svolta. Nel marzo del 2004 risultava infatti già approvato il progetto di riqualificazione. «Siamo pronti, partiremo a breve»,
recitò l’immancabile ottimismo degli amministratori di allora. Erano tre gli assessorati coinvolti, esecutore del progetto la’Romeo Gestioni’ e l’elaborazione si guadagnò anche riconoscimenti e pubblicazioni. Erano previsti 22 locali interni e 12 vani ‘aerei’, lungo l’effetto-serra della passeggiata centrale. I tavoli dei caffè letterari, galleria d’arte, musica dal vivo, associazioni culturali. Quello che è oggi lo racconta uno dei tanti napoletani esasperati dallo spettacolo di un monumento affogato nei miasmi. «Non è
possibile neppure aspettare un bus lungo via Pessina—si lamenta a buon ragione Cannine Scalone — La puzza di urine e escrementi impedisce la sosta anche per pochi minuti; e questa situazione si trascina da anni. A tanti di noi piacerebbe poter vivere questa Galleria». Aspettando i tavolini.
Autore: Conchita Sannino
Fonte:La Repubblica