L’Isola del Tesoro

Parte dall’Alte Nationalgalerie la realizzazione dell’ambizioso e discusso progetto di restauro per i cinque edifici che costituiscono la “Museumsinsel”, uno dei complessi museali più importanti del mondo. Si prevedono dieci anni di lavoro e costi nell’ordine di 1.800 miliardi di lire.Il 4 ottobre la Stiftung Preussischer Ulturbesitz (Fondazione del Patrimonio Prussiano) assieme ai musei statali berlinesi che di essa fanno pane hanno festeggiato il “Richtfet” dell’Alte Nationalgalerie, la cerimonia che tradizionalmente segue la copertura col tetto di un edificio. Chiuso al pubblico dall’inizio del 1998, l’edificio classicista che ospitava la collezione di pittura e scultura del XIX secolo è stato ormai completamente smantellato all’interno, e il restauro della facciata è terminato. I lavori di ricostruzione sono già partiti, dagli impianti indispensabili per un museo moderno sino alla messa a punto della soluzione da adottare per l’allestimento e la decorazione dei tre piani espositivi.E’ iniziato così a tutti gli effetti il restauro del primo dei cinque edifici che costituiscono la Museumsinsel, quella famosa Isola dei Musei che nel corso di un secolo (1825-1930) sorse sull’isolotto fra il fiume Sprea e il canale Kupfergraben che ospitava il castello degli HohenzolIern. i sovrani che patrocinando la costruzione di tale complesso museale avevano inteso realizzare proprio nel cuore della città un nucleo interamente dedicato all’arte e alla scienza.Maldestri restauri sovieticiDanneggiala per circa 1’80% in seguito ai bombardamenti della seconda guerra mondiale e finita a trovarsi nel settore sovietico dopo la spartizione della città, l’isola venne restaurata in modo piuttosto maldestro sotto il governo Ddr. Sintomatica in questo senso la sorte del Neues Museum, il più colpito dei cinque musei, le cui rovine dal tetto squarciato erano lasciate in balia delle intemperie ancora alla fine degli anni Ottanta. Con la riunificazione delle due Germanie, che nel settore dei beni culturali berlinesi significò il ricongiungimento tempestivo (almeno a livello amministrativo) delle collezioni un tempo divise tra est e ovest, l’isola dei Musei ebbe un ruolo determinante nell’accesa discussione sulla ridistribuzione del panorama museale cittadino, discussione che agli inizi degli anni Novanta coinvolse addetti ai lavori e pubblico anche in campo internazionale.Tre gruppi monotematiciLa decisione finale della Stiftung (1992) ha raccolto i 17 musei statali originati dalla riunificazione in tre gruppi monotematici corrispondenti ad altrettanti centri geograficamente distinti: l’archeologia all’Isola dei Musei, dove occuperà almeno tre musei su cinque, l’arte europea al Kulturforum. in quella zona già a ridosso del muro dove ora è risorta la Pois-damer Platz, e infine l’arte e le culture extraeuropee a Dahlem, nella parte sud-ovest della città. A ragione si è parlato, più ancora che di una vittoria degli archeologi sui rappresentanti delle altre discipline, dell’imporsi della corrente “funzionalista” rispetto a quella “tradizionalista”. Rinunciando al tentativo di riproporre l’Isola come summa della produzione artistica dell’umanità dall’antichità al XIX secolo, così come il complesso museale era stato concepito in origine, e rifiutando l’idea di un recupero anche parziale degli allestimenti evocativi e storicizzanti che avevano fatto del Bode Museum un gioiello della storia dei musei (esso ospiterà invece la collezione di scultura dal Medioevo al XVIII secolo, nonché il Museo di arte tardoantica e bizantina), i musei berlinesi hanno scelto in modo chiaro la soluzione probabilmente più adatta a dirigere e smistare quel traffico turistico che già ha cominciato a modificare i ritmi della nuova capitale.“Feticci” per 4 milioni di visitatoriInoltre, concentrando nell’Isola i massimi “feticci” delle proprie collezioni (la Strada processionale di Babilonia. l’Altare di Pergamo e persino il busto di Nefertiti, che presto lascerà Charlottenburg) essi vogliono garantirsi un afflusso che si prevede potrà toccare i quattro milioni di visitatori all’anno. E’ alla luce di questa “funzionalità” spregiudicata che vanno lette le successive decisioni della Stiftung, come l’aver tolto la commissione per la ricostruzione del Neues Museum a Giorgio Grassi, che pure nel 1994 aveva vinto il concorso relativo (cfr. Il Giornale dell’Arte n. 122. mag. ’94. p. 24). L’eleganza sobriamente schinkeliana di quel progetto non aveva convinto i direttori dei musei interessati, che sorprendentemente avevano trovato più stimolanti proposte come quella, classificatasi quarta, di Frank Ghery, che comportava un totale stravolgimento delle vie d’accesso alle collezioni come dei percorsi interni. In questa stessa direzione si muove anche il progetto di David Chipperfield, a suo tempo arrivato secondo e nel 1997 definitivamente incaricato della ricostruzione del Neues Museum (cfr. n. 155. mag. ’97, p. 29).Efficientismo macina-turistiIl medesimo spirito innovativo ed efficientista, che a voler essere cattivi potrebbe anche venir definito “macina-turisti”, ha dettato i punti principali del piano regolatore per l’isola dei Musei che la Stiflung ha licenziato lo scorso giugno: costruzione di un nuovo corpo di fabbrica che centralizzi l’ingresso ai diversi musei (e qui inevitabilmente il pensiero corre alla piramide del Grand Louvre, che pur ha rivelato i propri limiti); collegamenti agevoli e veloci fra un edificio e l’altro (si parla di un tunnel sotterraneo che partendo dall’Altes Museum arrivi sino al Bode, lasciando però indipendente la Nationalgalerie); organizzazione di un programma espositivo omogeneo fra le diverse collezioni archeologiche non solo per poterne evidenziare i punti di contatto, ma anche per permettere la messa a punto di un percorso principale che consenta di toccare tutte le “highlights” in una volta sola (e ancora viene in mente il nuovo Louvre che ha pubblicato una Guida per il visitatore frettolosa): infine, recupero delle superfici libere dell’isola per destinarle ad uso pubblico, così come costruzione di almeno un altro edificio per i servizi ai visitatori.Il ruolino di marciaPremessa indispensabile per la realizzazione di questo progetto ambizioso e già molto discusso è il restauro dei singoli edifici, che è previsto in quest’ordine: il Nationalgalerie e Bodemuseum, entrambi già chiusi al pubblico; Neues Museum, cui è collegata la costruzione del nuovo corpo centrale d’ingresso, che sorgerà nello spiazzo fra il museo stesso e il Kupfergraben: da ultimi, Altes Museum e Pergamonmuseum. La durata prevista per l’intera operazione è di una decina d’anni, ammesso e non concesso che la Stiftung riceva i finanziamenti necessari, considerando che per i costi futuri si parla della spaventosa cifra di 1.8 miliardi di marchi (1.800 miliardi di lire). Il cancelliere Schroder, che ha presenziato al “Richtfcst” dell’Alte Nationalgalerie, per ora non ha potuto che garantire l’appoggio del Bund e dei Lander, in particolare del Land Berlin, a coprire i costi complessivi del restauro dell’Alte Nationalgalerie, per cui sono stati preventivati 132 milioni di marchi (in lire, 132 miliardi). La scadenza stabilita per questi lavori e l’autunno 2001, quando il museo celebrerà il 125° anniversario della fondazione (1876). In un’esemplare sintonia fra contenuto e contenitore, l’elegante edificio in forma di tempio pseudoperiptero (cioè circondato, ma non completamente, da colonne) su alto zoccolo realizzato da Heinrich Strack su progetto di August Stiller, a sua volta allievo di Schinkel, tornerà ad ospitare la collezione d’arte che copre l’arco di tempo dalla Rivoluzione francese alla prima guerra mondiale. A Menzel. Bockiin, Lovis Corinth e agli impressionisti francesi torneranno finalmente a ricongiungersi Friedrich e Schinkel. che negli ultimi anni erano stati isolati in una loro Galleria dei Romantici al castello di Charlottenburg. Questo comporta l’esigenza di nuovi spazi che in parte sono stati ricavati al terzo piano nei vani risultanti dall’abbassamento delle grandi sale ottocentesche del piano sottostante, un’operazione che era stata realizzata durante il riallestimento del museo negli anni Trenta per rendere quelle stesse sale meno monumentali e più luminose tramite l’inserimento di una copertura a lucernario. Eccoci dunque nuovamente davanti a una scelta più funzionale che filologica e che proprio per questo è già stata criticata, anche se c’è da chiedersi. ad onor del vero, fino a che punto l’aura degli spazi ottocenteschi avrebbe potuto essere recuperata. Comunque sia, i 4.800 metri quadrati di superficie espositiva assicurati alla Nationalgalerie dopo il restauro non permetteranno che di mostrare una selezione di capolavori (solo per i Romantici la collezione è la migliore della Germania) dove pittura e scultura verranno fuse per meglio illustrare le diverse epoche e scuole. Il museo avrà come dépendance la Friedrichswerdcrsehe Kirche di Schinkel, dove è presentata l’attività del famoso architetto e numerose sculture del classicismo berlinese.

Autore: Alessandra Galizzi-Kroege

Fonte:Il Giornale dell’Arte