FIRENZE. Il Gran Teatro della natura .

Si è inaugurato il 16 giugno il molto atteso Museo della natura morta (catalogo Sillabe) al terzo piano della villa di Poggio a Caiano, costruita nel 1484 per volontà di Lorenzo il Magnifico su progetto di Giuliano da Sangallo.
Le opere, circa duecento, provengono tutte dalle collezioni delle varie residenze medicee, frutto di una selezione di un patrimonio ripartito fin dall’Ottocento in altre sedi: musei, depositi, uffici…
La genesi dell’attuale museo a Poggio a Caiano risale a un progetto del 1938 di Giovanni Poggi, direttore delle Gallerie di Firenze, ma il primo passo è del 1990, quando, in occasione del XXIII International Horticultural Congress, due sale della villa di Poggio a Caiano accolgono i «campionari pomologici» di Bartolomeo Bimbi. Nel 2002, in seguito all’integrazione della Villa di Poggio a Caiano nel Polo museale fiorentino, Antonio Paolucci affida l’incarico a Marco Chiarini, ideatore del progetto, e a Stefano Casciu, mentre il 25 giugno 2005 è firmato il protocollo d’intesa con il Comune di Poggio a Caiano.
Il progetto museografico tiene conto degli studi e delle ricerche compiuti sulla natura morta nelle collezioni dai Medici ai Lorena e della sintesi offerta da celebri mostre; in particolare, l’impianto del museo segue quello del volume Il giardino del Granduca edito nel 1997, curato e coordinato da Marco Chiarini con testi di Stefano Casciu, Ilaria della Monica, Elena Fumagalli, Silvia Mascalchi, Marilena Mosco, Riccardo Spinelli, Maria Letizia Strocchi (sfociato poi nella mostra del 1998 a Pitti «La natura morta a Palazzo e in Villa»).
Il percorso espositivo guida dunque il visitatore dalla fine del Cinquecento alla metà del Settecento, muovendo dall’interesse manifesto alla corte fiorentina per l’illustrazione scientifica, specie nell’opera di Jacopo Ligozzi; attraverso le scelte dei diversi granduchi, Cosimo II de’ Medici (1609-21), e i suoi fratelli Don Lorenzo e il cardinale Carlo, il suo successore Ferdinando II con la moglie Vittoria della Rovere, i fratelli Leopoldo e Giovan Carlo ed infine Cosimo III, con il fratello cardinale Francesco Maria e i figli Ferdinando e Anna Maria Luisa, si coglie l’evolversi di un gusto in cui si riflettono le molteplici implicazioni della cultura del tempo. Oltre alla presenza di numerosi dipinti di artisti fiamminghi e olandesi (tra cui Willem Van Aelst), sono in mostra, tra gli italiani, Filippo Napoletano, Camillo Berti, Leonardo Feroni detto «il Bigino», Mario de’ Fiori, Astolfo Petrazzi, Carlo Dolci, Bartolomeo Ligozzi, Giovanna Garzoni, Giovanni Stanchi, Margherita Caffi, Andrea Scacciati, Nicola Casissa, Lorenzo Todini, Franz Wener Tamm.
Lo stile della natura morta muta negli anni e agli echi del naturalismo fiammingo e della sintesi caravaggesca si sostituisce il gusto dell’«artificio» barocco, che si esprime nei trionfi di cacciagioni, ma anche nelle ghirlande o nelle grandi cascate di fiori, ove si concentrano significati morali con riferimento alla caducità della bellezza, che assumono altresì caratteri di magnificenza e di sontuosità scenografica senza pari.
Un crescendo culminante nel «teatro della natura» voluto da Cosimo III, destinato a illustrare il Creato, specchio della bontà divina: legato a scienziati quali Francesco Redi, Lorenzo Magalotti e Pier Antonio Viviani, che coltivavano i temi della scienza della natura secondo il metodo sperimentale galileiano perseguito dall’Accademia del Cimento, il Granduca predilige tra i pittori Bartolomeo Bimbi, cui spettano infatti i dipinti con gli animali nella Villa dell’Ambrogiana, quelli raffiguranti la straordinaria varietà di agrumi (frutto di ibridi raffinatissimi messi a punto nelle serre medicee) e di altri frutti di ogni specie, posti nel Casino della Topaia, veri capolavori della natura morta barocca italiana conservati entro sontuose cornici dell’olandese Vittorio Crosten. Nell’impossibilità di esporre l’immenso patrimonio di nature morte il museo ha allestito un deposito che potrà essere visitabile dagli studiosi e che permetterà anche una rotazione di opere.

 

Autore: Laura Lombardi

Fonte:Il Giornale dell’Arte on line