C’è la riforma appena approvata. Ma c’è anche un codice di leggi dei beni culturali che il ministero ha consegnato a Palazzo Chigi e che il consiglio dei ministri dovrebbe approvare fra due settimane.
Un vademecum su tutta la legislazione in materia di protezione del territorio, di beni inalienabili, di concessioni e possibilità di riutilizzo. Il nuovo codice sarà composto di 150 leggi, una semplificazione della materia che il precedente governo aveva accolto in un Testo Unico, e che questo “manuale” ha cercato di accorciare e semplificare.
Ministro Urbani, qual è la novità di questo codice?
“Il testo su cui ci siamo trovati a mettere mano era eccessivo, ridondante, caotico. Eppure pieno di " buchi" . Abbiamo fatto ordine e pulizia per rendere l’impianto più efficiente e funzionale. L’aspetto più clamoroso del codice è che si estende dai beni culturali a quelli paesaggistici. Per anni abbiamo trattato male il Bel Paese e ora lo rimettiamo in cima alle priorità. I beni immobili demaniali li abbiamo suddivisi in tre modelli”.
Si riferisce all’elenco dei beni che lo Stato può vendere ai privati?
“Vengono indicate liste precise. Nella prima categoria ci sono per esempio i beni di grande valore artistico che sono demanio storico-artìstico del Paese”.
A scanso di equivoci, c’è anche il Colosseo?
“Certo”. Il codice mette nero su bianco che sono invendibili? “Assolutamente sì.”
Nella seconda lista, ci sono i beni che hanno qualche valore artistico, vincolati solo nell’uso: l’importante è che siano utilizzati in modo compatibile con la conservazione”.
Un esempio? Il Palazzo delle Poste di Milano. Dopo essere venduto non può diventare un Mc Donald’s. Nella terza, i beni che non hanno rilevanza artistica, di cui i Comuni possono fare quello che vogliono: case, capannoni.
Perché avete deciso di avviare la riforma del ministero?
“I beni culturali classici venivano gestiti insieme allo sport, era un’arlecchinata. L’organizzazione era monocratica. Bisognava invece riorganizzare tutto per specializzazioni”.
Come investirete 113% dei fondi della Legge obbiettivo?
“Ho trovato pochi soldi, quindi ci siamo dati da fare per individuare nuovi finanziamenti, che sono il 3% delle Infrastrutture, centinaia di milioni di euro. Abbiamo creato una società, la Arcus, che ha lo scopo di dare flessibilità nella spesa di questi fondi. Li utilizzeremo sulle priorità, mano mano che sarà necessario”.
Ci sono buone notizie per voi in Finanziaria? “Non chiederemo un centesimo in più dello scorso anno, anche perché abbiamo reperito questa risorsa del 3% e, contemporaneamente, estenderemo i provvedimenti fiscali”.
I prezzi del musei? “Non si alzano”.
Di cosa si occuperà il Dipartimento per la ricerca?
“Il nostro è il primo ministero che ha al proprio interno un intero dipartimento per studiare il futuro. Con l’uso del digitale saremo in grado di mettere in rete tutte le informazioni sullo stato di degrado in modo da prevedere il rischio. Finora l’unico archivio era quello dei carabinieri sulle opere rubate. Ci sarà una formazione continua, su cui puntiamo. Non possiamo permetterci di non fare formazione”.
Autore: Redazione
Fonte:Il Giornale