Dalle antiche civiltà lo stimolo dell’unione

Il discorso che il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha tenuto il mese scorso a Luxor (qui sotto ne pubblichiamo uno stralcio) non ha mancato di suscitare l’attenzione degli archeologi e di chi della ricerca ha fatto una ragione di vita. L’allocuzione presidenziale – ispirata al rapporto che unisce Italia ed Egitto nel campo degli studi archeologici – è in realtà una riflessione ben più ampia e articolata, volta a sottolineare il senso profondo della ricerca archeologica come via privilegiata per migliorare la comprensione e la coesione tra i popoli, in particolare quelli che si affacciano sul Mediterraneo.Il passato è testimonianza e ispirazione per il futuro nel Mediterraneo. Avvertiamo ovunque il respiro delle grandi civiltà succedutesi senza interruzioni per millenni. In Egitto il senso del passato è più forte che mai, forse perché è proprio questa la terra che ha visto nascere la prima grande civiltà mediterranea; forse perché è una presenza così suggestiva e così fisicamente maestosa.Il tempio di Luxor, egizio, divenuto poi luogo di culto prima greco-romano e poi paleocristiano, oggi con una Moschea nel suo interno, è un simbolo impressionante di un intreccio di culture che è unico nel mondo. Le civiltà che ci hanno preceduto ci hanno trasmesso una enorme eredità. Preservarla e valorizzarla è un dovere verso l’intera umanità, e un problema ben presente in Italia, come in Egitto. La presenza di una grande eredità culturale del passato, egizia, fenicia, greco-romana, cristiana, ebrea, islamica, medioevale, rinascimentale, è patrimonio dell’intero Mediterraneo. Nasce dallo sviluppo di civiltà diverse, incontratesi e scontratesi, ma che sempre si sono influenzate e arricchite a vicenda. Il rapporto fra culture diverse e la loro capacità di coesistere e di interagire, che è uno dei problemi di fondo di questo nuovo " millennio" , trova nel Mediterraneo un habitat naturale, perché affonda nella storia.E’ quindi importante per l’Egitto, per l’Italia, per tutti i Paesi rivieraschi, prendere coscienza di questo patrimonio culturale comune che abbraccia oltre quattro millenni di storia. I monumenti dell’antichità sul nostro suolo sono le radici della nostra identità contemporanea, sono la visione che ci può accompagnare nel futuro. La riscoperta di un enorme patrimonio artistico, architettonico, archeologico che abbraccia tutte le civiltà mediterranee è una presa di coscienza che apre la via a una genuina collaborazione culturale fra Paesi europei, nordafricani e mediorientali. L’inventario dei siti e dei monumenti esistenti, il loro recupero culturale, il renderli accessibili al grande pubblico aiutano i diversi popoli a conoscersi meglio, a trovare contenuti comuni o affini. Questo è quanto la cooperazione dell’Italia con l’Egitto sta cercando di fare. Nella Valle delle Regine, come nel museo egizio del Cairo, come in passato nel salvataggio dei templi della Nubia, le nostre università e le nostre imprese hanno lavorato insieme con gli egiziani, ottenendo risultati che trascendono l’interesse nazionale dei singoli Paesi. Di tutte queste opere beneficia oggi l’intera umanità.In campo archeologico, l’Italia è presente in Egitto dall’inizio del secolo XIX. Negli ultimi anni abbiamo cercato di dare una maggiore coerenza ai nostri interventi e li abbiamo estesi a tutte le componenti del patrimonio storico e monumentale egiziano: faraonica, greco-romana, copta e musulmana. Guardiamo con grande interesse alla prospettiva di collaborare alla realizzazione del nuovo museo egizio di Giza, alla partecipazione continuativa all’attività di studio attraverso il comitato scientifico italo-egiziano e allo scambio di competenze professionali nel restauro e nella valorizzazione del patrimonio culturale. Restauriamo perché siamo convinti che il ripristino delle antichità nello stato originario sia un’infusione di linfa vitale nell’identità nazionale. Un’operazione tanto più importante nel contesto di integrazione economica e tecnologica mondiale che ci investe tutti. Dobbiamo respingere la tentazione di protezionismo culturale: una cultura che ripieghi su se stessa, che tenda a isolarsi, segna il proprio declino. La globalizzazione ci deve spronare a valorizzare e promuovere tutte le singole culture nella loro diversità e originalità. La riscoperta delle nostre radici, in parte comuni, ci permetterà di comprendere e di apprezzare in pieno il valore delle nostre diversità.

Autore: Carlo Azeglio Ciampi

Fonte:Il Sole 24 Ore