Sarà un triumvirato a consigliare Urbani su come salvaguardare il patrimonio culturale dell’Italia. Lo ha deciso il ministro istituendo, il 9 gennaio, un organismo nuovo di zecca, il Consiglio scientifico per la tutela del patrimonio artistico, che funzionerà da suo " superconsigliere" ogni qual volta dovrà affrontare scelte che riguardano il patrimonio storico, artistico, archeologico e paesaggistico nazionale. I neonominati sono tre eminenti studiosi: il giurista Giuseppe De Vergottini, ordinario di Diritto costituzionale all’ateneo di Bologna, l’economista Giacomo Vaciago, docente di politica economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e l’archeologo Salvatore Settis, docente e direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, con una lunga esperienza di direzione anche al Getty Institute for the History of Art di Los Angeles.
Settis è autore di un recente volume edito da Einaudi dal significativo titolo Italia S.p.a. L’assalto al patrimonio culturale, un atto d’accusa contro i progetti di dismissione dei beni dello Stato varati dal tandem Tremonti-Urbani ma che non salva neppure i precedenti governi di centro-sinistra.
Il cavallo di battaglia con cui l’archeologo si è presentato nella stanza dei bottoni di via del Collegio Romano resta, come ha dichiarato all’indomani della sua nomina, la difesa strenua " dell’inalienabilità del patrimonio storico-artistico" . Proprio per questo, tra i primi impegni che ha suggerito a Urbani c’è un’indagine conoscitiva, di concerto con il Demanio, sul patrimonio pubblico per stabilire, in modo definitivo, quali siano i beni di valore artistico che non possono essere alienati. Sullo sfondo si staglia l’infuocata polemica, che dura da mesi, sul destino dei beni culturali che rischiano di finire nella centrifuga di " Patrimonio spa" , la società voluta da Tremonti, gemella di " Infrastrutture spa" , incaricata della valorizzazione del patrimonio dello Stato e a cui lo Stato potrà trasferire beni per la vendita.
La nomina di " consiglieri-studiosi" come Settis dovrebbe così rassicurare i più severi critici di Urbani, accusato da molti di voler vendere " i gioielli di famiglia" .
Anche la contestuale nomina a collaboratori del ministro, di Antonio Paolucci, soprintendente regionale per i Beni culturali della Toscana e soprintendente speciale per il Polo museale di Firenze, e, soprattutto, quella di Louis Godard, accademico dei Lincei e consigliere del Presidente della Repubblica per la conservazione del patrimonio artistico, dovrebbe suonare come una rassicurazione rivolta anche all’inquilino del Colle. Ciampi, infatti, aveva promulgato la legge istitutiva di Patrimonio spa, accompagnandola con una preoccupata lettera al premier Berlusconi sui destini dei nostri giacimenti d’arte e di cultura.
Ma nonostante l’indiscusso valore dei tre membri del neonato comitato scientifico e quello dei due collaboratori, restano sullo sfondo numerose domande sui destini e i compiti del nuovo organismo scientifico voluto dal ministro e che dovrebbe rispondere solo a lui.
Nell’attesa di conoscere Statuto, ordini del giorno dei lavori e funzionamento, c’è chi vede, nella sua nascita, il primo passo verso una cancellazione (o uno svuotamento di funzioni), neppure tanto in là nel tempo, del Consiglio nazionale per i Beni culturali e ambientali, organismo previsto dalle norme vigenti ma così poco amato dal ministro Urbani da averlo ridotto al quasi totale silenzio.
La cornice di questi cambiamenti potrebbe essere la futura " riforma" del ministero, data ormai per certa nei prossimi mesi. Che si pensi ad una riforma vera e propria e non a semplici aggiustamenti sembra dimostrato dal fatto che Urbani abbia lasciato passare la scadenza del 31 dicembre 2002, termine ultimo per " ritoccare" quanto stabilito dal Testo Unico, la cosiddetta legge Omnibus di Veltroni, senza mettervi mano: una delega governativa gli concederà carta bianca per risistemare il suo dicastero e le leggi di tutela. Per il momento si contano solo alcuni avvicendamenti nelle Soprintendenze: Paolo Venturoli nominato soprintendente a Matera, Rossella Vodret, ex responsabile di Palazzo Barberini a Roma, nominata soprintendente al patrimonio della Calabria. Voci insistenti danno per imminente anche il cambio di direzione alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, attualmente nelle mani di Sandra Pinto.
Nell’attesa che si scoprano le carte e che l’opera di riforma si compia, la battaglia si concentra attorno a Patrimonio spa. Il 19 dicembre 2002, il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha emanato una direttiva in sette punti che dovrebbe incanalare l’attività della neo-società ribadendone alcuni vincoli, primo tra tutti quello che il passaggio alla Patrimonio spa di beni di particolare valore storico, artistico, culturale ed ambientale «non modificherà in alcun modo i vincoli gravanti su di essi» e che " la loro alienazione potrà avvenire esclusivamente se la legge vigente lo consente e in ogni caso previa autorizzazione del Ministero per i Beni culturali o del Ministero per l’Ambiente" . La direttiva del Cipe pone, dunque, dei limiti ma, implicitamente, avalla anche la tesi di chi intravede in Patrimonio spa un pericolo per i beni culturali. Tant’è che il Cipe invita la società a dotarsi di un proprio " codice etico" di comportamento e la vincola a presentare annualmente una relazione sul proprio operato.
Il Ministro getta acqua sul fuoco delle polemiche ma le associazioni ambientaliste promettono battaglia e un referendum di primavera per abrogare Patrimonio spa.Anche Massimo Ponzellini, amministratore delegato di Patrimonio spa, fa dichiarazioni rassicuranti: al grido di " fidatevi di me" , in una lunga intervista a «L’Unità» del 12 gennaio, parla di finanza, di intermediazione di beni posti sul mercato o usati come garanzie per reperire fondi economici. Avverte che la " sua" società utilizzerà solo il 2-3 % del patrimonio e che, in ogni caso, non toccherà ciò che ha valore artistico, storico o ambientale. Ma l’opposizione e una folta schiera di studiosi temono il possibile, perverso gioco di scatole cinesi che sta dietro le operazioni finanziarie. Ad esempio, molti temono che Patrimonio spa ceda beni culturali o ambientali di notevole interesse a Infrastrutture spa. Questi beni, benché inalienabili, potrebbero essere ceduti a terzi in garanzia per reperire fondi oppure essere dati a garanzia di quote di capitale che Infrastrutture spa decidesse di acquisire, partecipando a società private (unico limite previsto dalla legge: non detenere pacchetti di maggioranza).
Del resto, i vincoli di inalienabilità di un bene previsti dal Codice Civile sono davvero troppo fragili per rappresentare una salvaguardia reale, dicono gli avversari di Patrimonio spa sostenuti, in questo, dalle perplessità manifestate dalla Corte dei Conti. E resta, in ogni caso, il problema della fruizione pubblica del bene che finisce nelle mani del privato.Se non bastasse, a rinfocolare le polemiche si sono messi anche gli Enti locali forti delle modifiche all’articolo 117 della Costituzione che trasferisce a Regioni e Comuni molte competenze.
Urbani ripete che la tutela deve essere unitaria e quindi centrale, Settis considera il decentramento una vera rovina per il Paese perché " il patrimonio artistico deve restare allo Stato" . I " centralisti" agitano l’articolo 9 della Costituzione, i seguaci della devolution impugnano la legge e si appellano alla Corte Costituzionale. Nel marasma generale, e mentre una commissione istituita lo scorso novembre dal Ministro lavora alacremente per predisporre il codice dei Beni culturali (cioè una revisione delle leggi in base a nuovi criteri di individuazione, conservazione e protezione dei beni culturali e ambientali, Urbani cerca di uscire dall’impasse del conflitto Stato-Regioni, rilanciando lo strumento delle Fondazioni di gestione delle quali possono far parte enti e privati. Prima sperimentazione (già in atto): il Museo Egizio di Torino, poi toccherà a Pisa al Museo delle navi romane, per finire con Colosseo, Uffizi e Pompei.
Autore: Vichi De Marchi
Fonte:Il Giornale dell’Arte