CODROIPO (Ud): Villa Manin una ouverture piena di premesse e promesse.

Dunque Villa Manin ha preso il via. Con un parterre notevole, da fare invidia a qualsiasi evento analogo, oltre un migliaio di visitatori ha affollato parco e Villa e, come si conviene in terra friulana, ha religiosamente stazionato all’ingresso attendendo con stoica pazienza il proprio turno. Grande civiltà e affetto per l’arte e per l’evento che si annunciava straordinario.

Francesco Bonami (coadiuvato egregiamente da Sarah Cosulich Canarutto), si è dimostrato ancora una volta grande professionista, proponendo, in tempi strettissimi, tre eventi (Love/Hate, Vernice e un omaggio all’artista locale Natà) complementari e sinergici.

Un bellissimo panorama artistico internazionale, il più hot possibile (Love/Hate), una buona mostra nazionale (Vernice) che ha fatto da collante tra un pubblico colto e quello più popolare (si sa, il pubblico della pittura italica è sempre più nazionalpopolare) e l’omaggio a un artista locale per non estraneare completamente il territorio e per non dimenticare che i soldini provengono dalle casse della Regione e del Comune. Insomma, giustamente, a Cesare quel che di Cesare, senza inutili veli e ipocrisie. Il sano pragmatismo americano, di cui Francesco Bonami ormai fa tesoro (ma perché non anche nella scorsa Biennale di Venezia anziché cadere nella trappola dei curatori ognuno per sé e Dio per tutti?) è approdato ancora una volta, grazie a lui, in Italia (altri esempi se ne erano visti: da Sandretto Re Rebaudengo e a Pitti Discovery a Firenze).

LOVE/HATE si presenta come un bellissimo sguardo sull’arte di oggi, una veloce ma autorevole sinossi, un vero Bignami per gli intenditori dell’arte dell’ultima decade, con alcune opere (Cattelan, Jeff Koons, Golub, Gursky, Neshat, Ruff, Sherman) da grande collezione o museo. Cosa volere di più, in un paese dove mai si erano viste opere così scelte e indicative e dove mai era stato presentato un resumé così puntuale sull’arte dei nostri giorni? Se personalmente escludo una indimenticabile mostra a Palazzo delle Albere di Trento, una decina di anni or sono, della collezione Sonnabend: mostra bellissima, di un centinaio di opere selezionate da una delle più rappresentative collezioni di oggi. Ma anche mostra poco capita e pochissimo apprezzata da visitatori e stampa nazionale e locale: eppure si trattò di un evento significativo perché mai sino ad allora erano arrivate opere così importanti e rilevanti in Italia.

Io spero che non avvenga la stessa cosa a Villa Manin (i tempi e le condizioni sono diverse ora, mi auguro) e che la stampa locale e nazionale (ma non ho letto nulla di esaltante sino ad ora: brutto segno) riconosca, senza troppi se e troppi ma, la portata storica di questo evento nei confronti della contemporaneità. I giornalisti nostrani dovrebbero sapere (come lo sanno i curatori) quanto sia difficile portare opere significative in Italia: se in questa occasione sono arrivate oltre cinquanta opere, da uno dei musei più autorevoli degli USA, vuol dire che Villa Manin ha superato uno screening di professionalità e di affidabilità unico. E vi assicuro che non è poco, conoscendo il rigore delle istituzioni americane. Speriamo che Francesco Bonami riesca a trovare altri link o partners che assicurino una continuità e qualità costante a Villa Manin.

Che essendo uno dei luoghi più belli e affascinanti del mondo continui il suo approccio con l’arte contemporanea più significativa degli ultimi decenni, per il pubblico colto ma soprattutto per il grande pubblico che si aspetta e merita Villa Manin (e chi non è andato vada a visitare villa a mostra: mi ringrazierà. Anzi, pretendo un ringraziamento scritto se la visita sarà di suo gradimento). Perché, a parte la puzza sotto il naso di qualche curatore e critico snob, in Italia mai si sono viste raggruppate in un contesto unico, opere così significative di oggi. Un plauso anche all’accorto assessore regionale del Friuli e Venezia Giulia Roberto Antonaz a cui credo vada molto merito di questa sfida. E auguri a Francesco Bonami e Sarah Cosulich Canarutto per questa bella avventura appena iniziata.

VERNICE: ma la mostra che ha suscitato più attenzione e in parte polemiche è questa panoramica della pittura italiana che è riuscita, attraverso venticinque artisti (troppi per me, pochi per molti altri), a delineare un particolare percorso della ‘giovane’ pittura italiana, la quale poverina, per eccesso di proliferazione talvolta anche mostruosa, non gode proprio, almeno sul versante internazionale, buona reputazione (anche se sembra godere ottima salute). La Sarah Cosulich Canarutto ha fatto il possibile nei due mesi avuti a disposizione: a mio avviso avrebbe dovuto accentuare il percorso antipittorico, antigrazioso e antipetrarchesco della rassegna, cercando in giro (chissà però se ve ne sono) pittori un po’ più acidi e critici nei confronti di un medium talmente inflazionato che meriterebbe una selezione drastica e naturalmente una cattiveria più accentuata.

Perché ora ci stiamo scoprendo un paese di navigatori, di eroi e di pittori. E purtroppo nella rassegna di Villa Manin, la Sarah Cosulich Canarutto e Francesco Bonami hanno continuato (per penuria di soggetti?) a fare l’occhiolino alla pittura petrarchesca, leccata e sentimentale, alimentando troppe false speranze e avallando (indirettamente) centinaia di facitori di quadri da Rive Gauche e da sottoportici qui nel Bel Paese. Stiamo infatti arrivando a una inflazione ormai esplosiva sul piano della pittura; una inflazione che alimenta tutto il sottobosco del collezionismo brianzolo e delle signore bene, affaristico e di basso gusto, che stanno conducendo la pittura italiana e i pittori italiani a un vicolo cieco. E davanti a queste prospettive, in parecchi casi Vernice a Villa Manin rappresenta un respiro di sollievo e di speranza. Chi non l’ha vista vada a vedere e poi mi esprima la sua impressione. Se vorrà la pubblicheremo nel nostro sito.

Autore: Giancarlo Politi

Email: giancarlo.politi@tin.it

Fonte:Flash Art