Cinzia DAL MASO: I reperti recuperati sono detraibili dalle tasse.

Firmato un accordo tra costruttori edili e soprintendenze archeologiche per le antichità nel sottosuolo.

Ha tutta l’aria di essere un accordo epocale. Soprintendenza e costruttori uniti e non nemici, pronti a stabilire assieme regole di collaborazione. Per dire fine, una volta per tutte, all’incubo (per il costruttore) del “signor no” archeologo che blocca i lavori e impone gli scavi, e (per l’archeologo) al rischio di danni irreparabili ai nostri beni ancora nascosti. E’ accaduto il 7 aprile scorso nelle Marche, ad Ancona. Il soprintendente per i beni archeologici Giuliano De Marinis e il presidente della consulta regionale delle costruzioni Alfredo Mancinelli, si sono impegnati a promuovere assieme una proposta di legge che prevede sgravi fiscali e procedure più snelle per il costruttore che deve sostenere la spesa dello scavo archeologico. Un piccolo passo ma concreto. In un mare di anarchia, un vero far west.

Perché si sa, nel nostro Paese chi scava trova sempre un tesoro, non solo nei centri urbani ma un po’ ovunque nel “paesaggio storico” italico. Soprattutto da quando (qualche decennio) la moderna archeologia ha imparato a individuare anche le tracce più labili del nostro passato. Ha persino coniato dei termini ad hoc: “scavo di emergenza” se la scoperta archeologica avviene casualmente durante uno scavo del sottosuolo per fini edilizi, “scavo preventivo” se si eseguono indagini archeologiche preliminari alla costruzione. Quest’ultima sarebbe in realtà la procedura più corretta, che consente di programmare gli interventi ed evitare pericolosi blocchi a lavori edilizi già avviati. E, a dire il vero, il Codice Urbani la contempla, ma solo per i lavori pubblici. Per tutto il resto la legge italiana è ancora ferma al 1939: le scoperte archeologiche avvengono solo per scavi programmati di ricerca o casualmente, tertium non datur. Così, nei tanti piccoli interventi edilizi d’Italia, ognuno si arrangia come può. Spesso le soprintendenze usano l’arma del vincolo per imporre scavi preventivi. E anche quando i lavori edili cominciano senza indagine archeologica, oramai i costruttori sanno di dover prevedere tra i “rischi” la spesa di un eventuale scavo archeologico con conseguente dilatazione dei tempi di lavoro e a volte persino blocco definitivo. Ma non tutti sanno o possono affrontare tali spese a cuor leggero, e non è difficile immaginare che spesso i costruttori tacciono di ritrovamenti per non generare intoppi al loro lavoro. E chi esegue tali lavori? Le imprese di archeologia ormai pullulano, vista la grande richiesta, ma l’archeologia come libera professione non è riconosciuta né regolamentata in nessun dove.

La proposta di legge di matrice marchigiana vuole, in primis, ovviare ai problemi finanziari dei costruttori con lo strumento dello sgravio fiscale. Certamente un atto di correttezza. Stabilisce poi che gli scavi archeologici possono essere realizzati anche dall’impresa edile stessa, se si serve di personale specializzato (e comunque sotto l’imprescindibile direzione scientifica della soprintendenza). Per accelerare i lavori, ma chiarendo al contempo l’urgenza di un inquadramento della professione di archeologo. Pone dunque pochi paletti ma chiari. A prima vista persino troppo pochi, come commenta il soprintendente archeologo per l’Emilia Romagna Luigi Malnati, invitando a non perdere di vista il vero obiettivo dell’obbligo dell’indagine preventiva per tutti. “Tuttavia è un passo importante con buone prospettive di riuscita perché concepito nell’interesse reciproco”, osserva De Marinis. E comunque i due firmatari si sono impegnati a promuovere riflessioni e dibattiti sulla proposta ovunque nello stivale. Chiunque abbia a cuore il patrimonio culturale della penisola è invitato a pronunciarsi.

Autore: Cinzia Dal Maso

Fonte:Il Sole – 24 Ore