VENARIA REALE (To): il restauro più grande d’Europa.

Un gioiello alle porte di Torino, punta di diamante tra le reggie sabaude, protagonista di una decennale opera di riqualificazione che coinvolge tutto il territorio. La parola a Francesco Pernice, Soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio del Piemonte.

 

Cos’è la Venaria Reale e come è nato il progetto di restauro?

La Venaria appartiene alla “Corona di delizie” delle Residenze Sabaude che circondano Torino, ed è entrata a far parte nel 1997 del patrimonio mondiale dell’UNESCO. Nato con un accordo di programma stato regione, il restauro è stato finanziato con i proventi del gioco del Lotto grazie ad un accordo con il ministero dei Beni e le Attività culturali. Un importo iniziale di 45 miliardi di lire, cui si sono aggiunti successivamente 120 miliardi della Comunità Europea. Il “progetto Venaria” è il più grande d’Europa.


Grande quanto?

Il progetto non comprende soltanto il restauro della Reggia di Venaria, una superficie di 70.000 mq. in consegna alla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del Piemonte, ma anche il Borgo Castello della Mandria e la Cascina Rubbianetta parte del Parco regionale della Mandria, di proprietà della Regione Piemonte.

I terreni limitrofi alla Reggia, in parte proprietà di privati, in parte del comune e in parte militari, andavano sotto il nome di Caserma Camerra. Grazie agli accordi raggiunti con tutte le parti abbiamo acquisito i terreni e abbiamo trasformato quelli che erano campi di addestramento militare in giardini, riprendendo le linee degli antichi giardini settecenteschi.

Tutte le superfici calpestabili assommano a circa 200.000 mq di restauri, cui vanno aggiunti gli 800.000 mq di terreni riallestiti a giardini disegnati, peschiere, fontane e giochi d’acqua, così come descritti dalle iconografie settecentesche.


Un lavoro complesso…

Si, sono state indette 11 gare d’appalto internazionali per la selezione delle aziende e 8 gare per la designazione dei progettisti. Le parti più significative dei lavori sono stati progettate e dirette dal sottoscritto, ma l’elenco dei progettisti che hanno preso parte al lavoro annovera nomi illustri come Gae Aulenti e Paolo Marconi.

Hanno lavorato nei cantieri, nel pieno della loro attività più di 1000 persone al giorno, oggi circa 500, avendo terminato parte dei lavori. 400 persone, tra tecnici e impiegati, in una struttura che esisteva ancora prima dell’arrivo dei finanziamenti nel ’97. Sono state create, inoltre, strutture di monitoraggio: un back-office per la gestione delle gare d’appalto e due commissioni di controllo tecnico scientifiche per la validazione dei progetti.


Proviamo a fare il punto sui risultati già raggiunti.

Un progetto che oggi copre 400 milioni di euro, non è solamente un operazione di restauro, ma è anche una riqualificazione ambientale, paesaggistica e sociale. Sono stati previsti interventi per la viabilità, collegamenti con autostrade, ferrovie, aeroporti e aree di parcheggio. Un recupero urbanistico che coinvolge tutta la città. La via Mensa, asse di penetrazione della città di Venaria, le cui facciate mantengono ancora l’originaria foggia seicentesca, è stata oggetto di restauro per quanto riguarda la pavimentazione, e sarà presto inserita in un piano complessivo di riqualificazione concordato tra la soprintendenza e il comune di Venaria che riporterà le facciate al loro aspetto originale.

A seguito del recupero della pavimentazione, la via Mensa, che prima non era frequentata da anima viva, oggi è il centro nevralgico della città, piena di giovani che passeggiano e si incontrano fino a tarda notte. Un recupero sociale eccezionale.

E in termini economici?

Parlando in termini economici, sono state utilizzate le risorse umane provenienti dal territorio, i magazzini sono spesso rimasti sprovvisti di qualsiasi materiale, e ci siamo rivolti anche alle regioni limitrofe. Un esempio, abbiamo avuto bisogno di 4.000 olmi, difficile reperirli tutti in Piemonte.

Torniamo alla riqualificazione paesaggistica.

Nel 1994, quando mi venne affidata la Reggia di Venaria, in qualità di funzionario di questa Soprintendenza, con la raccomandazione di pensare al progetto “in grande”, la città si trovava in una situazione di degrado e abbandono. Non era possibile immaginare un intervento sulla Reggia, che non comprendesse il recupero dell’intero centro urbano. Tale intuizione è stata ampiamente confermata negli anni, basti pensare all’incredibile aumento del valore delle case che registriamo oggi, senza essere ancora intervenuti sulle abitazioni stesse ma solo con il restauro della reggia.


Parlare di “Venaria Reale” significa anche parlare del suo prestigioso istituto di restauro.

Certo, Venaria non è soltanto un cantiere, ma è anche sede del terzo centro nazionale del restauro dopo l’Istituto Centrale per il Restauro e l’Istituto delle Pietre dure. La Fondazione Centro per la Conservazione ed il Restauro dei beni culturali “La Venaria Reale” è stata costituita lo scorso anno dal ministero per i Beni culturali, dalla Regione Piemonte, dall’Università di Torino, dalla Fondazione per l’arte della Compagnia di San Paolo e della Fondazione CRT. Il centro è già attivo e sta lavorando sugli arredi, i quadri e gli arazzi che saranno collocati all’interno della reggia.

Venaria, inoltre, è il più grande cantiere della sperimentazione d’Europa , abbiamo iniziato nel ‘95 con la creazione di nuovi materiali, come gli intonaci realizzati con calci naturali. Tutti i materiali prodotti sono realizzati a basso costo; oggi, il tipico marmorino sabaudo può essere acquistato ad un prezzo di 30 euro al metro quadro, posato in opera, a differenza dei 200 euro che richiederebbe un restauratore. Tale traguardo è stato possibile grazie alla specializzazione della manodopera artigiana, sono gli stuccatori a posare il marmorino.

E’ per me motivo d’orgoglio ricordare che abbiamo ricreato le scuole che si erano perse vent’anni fa, e molti operai che lavoravano nell’edilizia hanno acquisito nuove tecniche di lavorazione che gli hanno consentito di divenire piccoli artigiani.

 

Autore: Marta Francescangeli

Fonte:CulturalWeb